Da mesi ormai si sente sempre più spesso parlare di dazi, soprattutto a causa dei molti annunci in merito fatti dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Sono uno strumento che fino a qualche anno fa gli economisti ritenevano superato, la loro efficacia era stata messa in dubbio sia dalla teoria economica, che aveva provato la loro natura distorsiva e controproducente, sia dai benefici di decenni di globalizzazione e libero scambio. I dazi sono un’imposta che si applica sulle merci in arrivo da un Paese straniero. Si esprimono in valore percentuale del prezzo di vendita e di solito ricadono concretamente sull’importatore, che li paga alla dogana del Paese di ingresso.
L’idea di fondo di un dazio è che rendendo relativamente più cara la merce straniera, i consumatori sceglieranno di comprare merce nazionale. Lo scopo degli Stati Uniti infatti, è quello di attirare la produzione sul proprio territorio, dopo decenni in cui i costi più competitivi hanno esteso le catene di approvvigionamento in tutto il mondo.
L’efficacia di un dazio dipende dal tipo di prodotto e dall’interesse che suscita sul mercato: tanto più esso è necessario e desiderato, tanto più i consumatori dovranno o vorranno comprarlo lo stesso, sopportando anche il sovrapprezzo del dazio.
Donald Trump, ha imposto dazi a Canada, Messico e Cina segnando l’inizio di una nuova “guerra commerciale” che potrebbe avere un forte impatto non solo sull’economia dei Paesi coinvolti, ma anche su scala globale. Canada e Messico hanno già annunciato che risponderanno con l’imposizione di propri dazi nei confronti degli Stati Uniti.
Trump ha imposto i dazi con la firma di tre ordini esecutivi: due fissano imposte al 25 % sulll’importazione di tutti i beni provenienti da Canada e Messico, mentre un altro indica dazi al 10% per la Cina. Nell’ordine esecutivo che riguarda il Canada è stata introdotta un’eccezione con dazi al 10% sul settore energetico e in particolare su alcune tipologie di idrocarburi, che servono agli Stati Uniti per miscelarli con i propri per la produzione dei carburanti.
Justin Trudeau, il primo ministro canadese ha risposto alla decisione di Trump annunciando a sua volta dazi al 25% nei confronti di molti prodotti statunitensi.
In un discorso alla nazione, Trudeau ha detto che non avrebbe voluto trovarsi in una situazione di questo tipo e ha ricordato che la guerra commerciale voluta da Trump sarà un danno per tutti, compresi gli Stati Uniti.
Una risposta è stata data anche dalla presidente del Messico, Sheinbaum, la quale ha comunicato che nei prossimi giorni saranno introdotti dazi nei confronti dei prodotti statunitensi, ma non ha fornito molti dettagli.
Anche la Cina ha replicato tramite il ministro dell’economia, il quale ha riferito che farà ricorso contro la decisione di Trump all’Organizzazione mondiale del commercio (WTO, nell’acronimo in inglese) I dazi imposti da Trump sono tra i più alti nella storia recente nei confronti di Paesi che fanno regolarmente affari con gli Stati Uniti. Un terzo di tutti i beni importati dall’estero negli Stati Uniti proviene da Canada, Messico e Cina, in particolare i prodotti dei settori dell’auto, dei farmaci e dell’elettronica.
Anche per l’Italia l’introduzione di nuovi dazi al 25% sulle vendite agroalimentari Made in Italy negli States potrebbe comportare per i consumatori americani un sovraccarico fino a 2 miliardi di euro. Inoltre ,nelle aziende italiane, la guerra tariffaria potrebbe ripercuotersi sull’occupazione, con una riduzione di oltre sessantamila posti di lavoro ogni anno.
Donald Trump ha insistito sul fatto che questi dazi non aumenteranno i prezzi per i consumatori americani e che se qualcuno ne pagherà il costo, saranno i Paesi stranieri.
I dazi imposti da Donald Trump hanno quindi avuto un impatto forte sia sull’economia americana che sui rapporti con altri Paesi. L’obiettivo era proteggere le aziende e i lavoratori statunitensi, ma le conseguenze sono state molto più complesse del previsto: aumenti dei prezzi, tensioni commerciali e reazioni da parte di altri governi.
È difficile dire se sia stata una scelta giusta o sbagliata, ma sicuramente ha sconvolto gli equilibri del commercio internazionale. E forse, anche il modo in cui gli Stati Uniti si muoveranno in futuro.
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