Ettore Majorana è scomparso verso la fine di marzo del 1938. Scomparso! È questo l’aggettivo chiave del nostro articolo. Scomparso, in questo caso, non sappiamo nemmeno cosa voglia dire: scomparso perché è morto o scomparso perché è nascosto da qualche parte? Quali motivi avrebbe avuto per nascondersi? Chi lo avrebbe voluto morto? È lui stesso ad essersi procurato la morte? Nessuno lo sa. In moltissimi, scienziati di chiara fama, storici, scrittori, registi, fumettisti hanno detto la loro. Le ipotesi avanzate sono molte, una diversa dall’altra. Non si riesce neppure a stabilire quale sia la data esatta di tale scomparsa: il 25 marzo quando esce dal suo albergo a Napoli? Il 26 quando scrive l’ultimo messaggio? Uno o due giorni dopo, come qualche storico sostiene? Le fonti fanno affidamento su due elementi: i racconti di chi lo ha conosciuto (colleghi, parenti, amici), e le sue lettere. Ma chi era Ettore Majorana? Nato a Catania il 5 agosto 1906, è considerato uno dei più grandi fisici teorici del XX secolo. I suoi studi hanno avuto un impatto fondamentale sulla fisica nucleare e la meccanica quantistica e relativistica. Caratteristica fondamentale di Ettore era un’eccezionale intelligenza scientifica rivolta alla matematica e alla fisica quantistica nucleare. Un genio. Di natura timida, schiva, ombrosa, dal carattere melanconico, come tutti i geni coscienti della propria diversità. Fece parte del gruppo di fisici, noto come i “ragazzi di via Panisperna”, guidato da Enrico Fermi. Il gruppo diventò presto un centro di ricerca sulle frontiere della fisica con riferimento alle teorie atomiche e quantistiche. La principale scoperta del gruppo fu la proprietà dei neutroni lenti di rompere un nucleo pesante, che dà l’avvio alla realizzazione del primo reattore nucleare e successivamente della bomba nucleare a fissione. Grazie a una borsa di studio si recò in Germania e in Danimarca e si confrontò con le menti di illustri e illuminati scienziati. Forse in Germania Majorana si rese conto di come la fisica poteva diventare uno strumento di potere più che di conoscenza. La consapevolezza che ogni azione o misura fatta per conoscere un fenomeno ne modifica le caratteristiche e può diventare drammatica se riferita alla vita delle persone. È possibile che Majorana abbia avuto la percezione o la sensazione che queste nuove scoperte e conoscenze avrebbero reso tragica la realtà mondiale, come le due bombe sul Giappone durante la Seconda guerra mondiale? Potrebbe essere un’ipotesi possibile, secondo lo scrittore siciliano Leonardo Sciascia. Secondo Sciascia infatti Majorana aveva intuito ciò che Enrico Fermi non era riuscito a vedere e cioè che gli esperimenti di via Panisperna sulla radioattività potevano portare alla scissione dell’atomo di uranio. Se Majorana era un genio, come Fermi sosteneva, perché non avrebbe potuto intuirlo? Sciascia peraltro rafforza questa sua ipotesi ricordando come già nel 1921 il fisico tedesco Rutherford, parlando delle ricerche atomiche, aveva avvertito: “Viviamo su un’isola di fulmicotone” e “grazie a Dio ancora non abbiamo trovato il fiammifero per accenderla”, lasciando intendere che una volta trovato quel fiammifero qualcuno avrebbe potuto ben accenderlo. Sciascia dunque afferma che un genio della fisica, 15 anni dopo, trovandosi di fronte alla virtuale scoperta della fissione nucleare poteva aver capito che il fiammifero c’era già e avrebbe potuto decidere di allontanarsene con sgomento e terrore. Il fisico Erasmo Recano nel suo saggio Il caso Majorana, suggerisce che il giovane scienziato sia stato colpito da un profondo esaurimento nervoso, in seguito alle scoperte di fisica, decidendo così di “sparire” volontariamente, probabilmente in America Latina. Secondo altri, Majorana è stato rapito dai nazisti per alcune informazioni private cui avrebbe avuto accesso durante il suo soggiorno in Germania. Invece Rolando Pelizza, allievo del nostro fisico, dichiarò di essere stato in contatto col maestro nel 1958 e che si sarebbe nascosto al mondo nel monastero certosino di Serra San Bruno. La tesi del suicidio di Majorana via via è stata abbandonata, in quanto Ettore avrebbe prelevato stipendi arretrati e preparato il passaporto come se avesse il proposito di recarsi all’estero, comportamenti che non sembrerebbero compatibili con l’intento di un suicidio. La morte presunta di Ettore Majorana venne dichiarata cinque anni dopo la sua sparizione. Majorana, in fuga dalla vita, diventò “vivo per la morte” e “morto per la vita”. Citando il grande Luigi Pirandello, infatti, questa vicenda sembra la rivisitazione riscritta de Il fu Mattia Pascal, tra i più famosi romanzi di quell’epoca, ed è assai probabile che Majorana pur non essendo un letterato ne avesse sentito parlare. Nel 2011 la procura di Roma riaprì l’inchiesta, infatti un tale Francesco Fasani, meccanico immigrato dall’Italia in Venezuela, affermò di aver conosciuto, intorno alla metà degli anni ’50, un certo signor Bini, un uomo introverso, riservato soprattutto con gli italiani e restio a farsi fotografare. L’indagine fu archiviata nel 2015, lasciando viva l’ipotesi che Majorana fosse in vita tra il 1955 e il 1959 e che si trovasse in Venezuela. A Mazara del Vallo, frazione in provincia di Trapani, lungo il centro storico della città, tra le viuzze della kasbah, su una saracinesca vi è un dipinto che raffigura “Tommasu l’omu cani”, su cui si legge: è convinzione ormai diffusa che il barbone, Tommaso Lipari, vissuto dal 1937 al 1940 nella città e che veniva chiamato l’uomo cane, fosse in realtà Ettore Majorana, famoso scienziato. L’uomo infatti aveva ampie conoscenze matematiche e un linguaggio forbito. La vita di Majorana ci fa riflettere sul divario che c’è tra scienza ed etica, un dibattito vivo e attuale ancora oggi, e che in fondo ci mostra che la storia non è fatta soltanto da demoni ed eroi, ma anche da chi riesce ad essere entrambi, in un gioco di luce e ombre, dove è davvero difficilissimo rimanere in equilibrio.
di G. Davì
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