Ieri ricorreva il cinquantasettesimo anniversario del terribile terremoto del Belice, che il 14 gennaio del 1968 distrusse o danneggiò gravemente diversi centri, come Santa Margherita Belice, Menfi, Montevago, Partanna, Poggioreale, Salaparuta, Salemi, Gibellina, causando più di 300 morti, 1.000 feriti e 70.000 sfollati. Al ricordo di quel triste evento oggi possiamo associare una bella notizia: il 31 ottobre 2024 Gibellina è stata nominata “Capitale italiana dell’Arte contemporanea” per l’anno 2026. La città, grazie anche al contributo statale di un milione di euro, potrà realizzare progetti culturali che prevedono attività come mostre, festival e rassegne, oltre alla realizzazione e riqualificazione di spazi e aree dedicate alla fruizione dell’arte contemporanea. Questo riconoscimento ci ricorda che Gibellina è un simbolo di rinascita grazie all’arte e alla bellezza: infatti, dopo il terremoto del 1968, per la ricostruzione della cittadina, l’ex sindaco Ludovico Corrao ebbe l’illuminata idea di “umanizzare” il territorio, chiamando a Gibellina diversi artisti di fama mondiale. Nacque così, a partire dal 1980, la collezione d’arte contemporanea di Gibellina, custodita nel Museo d’arte contemporanea “Ludovico Corrao”: fra gli autori delle circa 2.000 opere d’arte, spiccano i nomi di artisti come Mario Schifano, Giulio Turcato, Arnaldo Pomodoro, Gino Severini, Alighiero Boetti, Fausto Melotti, Giuseppe Uncini, Pietro Consagra e Carla Accardi. Gibellina, infatti, ospita oggi la più vasta collezione di arte contemporanea del sud Italia. Ma c’è un capolavoro che non si trova all’interno del museo: il grande artista Alberto Burri rifiutò di realizzare la sua opera nel nuovo centro urbano e invece progettò il “Grande Cretto”, realizzato sui resti della vecchia Gibellina, a memoria del terremoto che la distrusse. L’opera di Land Art di Burri è stata conclusa nel 2015, dopo 30 anni di lavoro e la morte dello stesso Burri nel ’95. Il “Grande Cretto” intendeva costruire un’identità comune, tanto tra i residenti quanto fra gli italiani in generale, attraverso la realizzazione di un monumento dal valore culturale e sociale, ma anche preservare la memoria della tragedia del sisma, divenendo simbolo di una ricostruzione non solo in termini di edifici, ma anche di vita, in un luogo che era simbolo di morte e distruzione.
ATTUALITA', CULTURA-MUSICA-SPETTACOLO
Maria Pia Di Girolamo
Ottimo testo Simone. Complimenti! Mi ha fatto ripercorrere eventi passati della mia provincia.
Joseph Parlapiano
Bravo Simo, ottimo articolo.