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PERSONE E PERSONAGGI

GIOVANNI BOCCACCIO: IL PIACERE DI RACCONTARE

Immagine in evidenza di Gregorio Davì

Firenze, 1348: dieci giovani, per sfuggire alla peste che devastava l’Europa intera, si trasferiscono in campagna, in una villa circondata dalla natura. Sconvolti e impauriti dall’ambiente degradato della città a causa della peste, cercano di ripristinare una vita normale e così si danno delle regole ben precise, come se la villa fosse una piccola città creata da loro. A turno, tutti raccontano novelle inventate e trascorrono il tempo tra danze, feste e conversazioni.

Questa storia non richiama alla nostra memoria di uomini moderni qualcosa di recentemente vissuto? Cina, dicembre 2019: viene segnalato all’Organizzazione Mondiale della Sanità il primo caso di polmonite a eziologia ignota. E, come i dieci giovani, anche noi, impauriti, ci siamo chiusi in casa per salvarci dal contagio, seguendo le direttive mondiali. Per trascorrere il tempo abbiamo interagito tra noi tramite internet, che è diventato (purtroppo) il mezzo più diffuso di comunicazione con il quale ci siamo approcciati agli altri.

Torniamo al 1348. Attraverso questo “escamotage” dei racconti inventati nasce una delle opere più belle e significative della nostra letteratura: il Decameron di Giovanni Boccaccio. Definito una commedia umana in contrapposizione alla Divina Commedia di Dante Alighieri, in quanto non si occupa di argomenti spirituali o religiosi, ma di sentimenti e prerogative umane. Boccaccio rappresenta l’uomo così com’è, senza filtri, tra virtù e debolezze, pregi e difetti. Al di sopra di tutto incombe il caso, che pone gli uomini tutti sullo stesso piano, senza riguardo per la condizione sociale o l’indole individuale di ciascuno.

Come scamparla allora? L’ingegno è la risposta. Ognuno di noi può utilizzarlo come strumento utile e concreto per sopravvivere ai colpi di fortuna della vita. Ma soprattutto è fondamentale la capacità di reagire in modo positivo alle avversità, senza abbattersi o piegarsi ad esse, cercando di mantenere il controllo del proprio destino.

Nel Decameron, Boccaccio ci mostra un multicolore universo di personaggi: dai più negligenti, bugiardi e maldicenti, smemorati e scostumati, ai più eroici; da bellissime figure femminili raffinate e dolci a contadine descritte con crudo realismo. Boccaccio osserva questa miriade di personaggi con uno sguardo nuovo, collocandoli in una dimensione tutta umana e terrena. Tantissime serie TV, romanzi e film riprendono ancora oggi le storie narrate in quest’opera, soprattutto quelle più comiche e paradossali.

L’incredibile dono naturale di Giovanni Boccaccio nel raccontare storie si riscontra anche nei racconti sui suoi natali. Lo scrittore sosteneva di essere nato da una relazione segreta tra suo padre e, nientemeno, che la figlia del re di Francia a Parigi. In realtà nacque a Certaldo, vicino Firenze, figlio illegittimo di un mercante.

A Napoli, il padre portò con sé il piccolo Giovanni per insegnargli tutti i trucchi che un buon mercante deve imparare per riuscire a “trafficare”. Questa esperienza mercantile fu fondamentale per la composizione del Decameron: infatti, il giovane Boccaccio mercante si trovava ogni giorno davanti a una varietà incredibile di tipi umani differenti: da gente istruita a coloro che firmavano con una croce, dai più diffidenti e tirchi ai più ingenui, dagli avventurieri che avevano viaggiato per tutti i mari e raccontavano le loro leggende, a preti dall’abile parlantina, ragazze innamorate e mariti traditi.

Boccaccio assorbì tutta la veracità umana che Napoli offriva all’epoca, a chi era capace di amarla in tutta la sua vitalità travolgente. Grazie a Napoli e alla sua attività di mercante, Boccaccio maturò uno spirito di osservazione dei costumi dei vari strati sociali. Inoltre, partecipò alla vita raffinata aristocratica e borghese della corte di Roberto d’Angiò, e in questo ambiente sviluppò il suo interesse per le lettere e i classici latini.

In seguito al fallimento economico del padre, Boccaccio si trasferì a Firenze e visse l’esperienza della peste del 1348. Qui avvenne l’importante incontro e l’amicizia con Francesco Petrarca. A Firenze, la sua casa divenne il punto di incontro di alcuni giovani intellettuali, che rappresenteranno il primo nucleo del futuro umanesimo fiorentino. Boccaccio fu anche il primo a commentare e leggere pubblicamente la Commedia di Dante, che lui per primo chiamò Divina Commedia.E oggi, quale insegnamento possiamo ereditare dal nostro Boccaccio?
Innanzitutto, il piacere della lettura e della letteratura, che non necessariamente è un motivo di evasione dalla realtà con storie divertenti, comiche o tragiche, ma può essere un insegnamento, un ABC pratico di come perseguire o sfuggire a certe situazioni reali, senza mai assumere atteggiamenti di sconfitta e vittimismo. È fondamentale armarsi del proprio ingegno personale per barcamenarsi nel quotidiano che, è vero, a volte è intriso di drammatiche vicende, ma se affrontato con uno spirito combattivo e positivo, può essere controllato, e addirittura felice.

Diventiamo (lo siamo già, solo che lo abbiamo dimenticato) quei re e quelle regine che giorno per giorno inventano e raccontano storie nel Decameron. Osserviamo e raccontiamo la bellezza dell’umanità e del creato con stupore da fanciulli, intraprendendo un viaggio metaforico che ha inizio al di fuori di noi, come spettatori dello spettacolo della vita, e che si conclude infine dentro di noi. Perché gli altri, l’esterno, sono il riflesso del nostro mondo interiore.

Ragazzi, siate curiosi del mondo attorno a voi, e come Boccaccio raccontate storie, inventate o no, scrivetele, rifletteteci, confrontatevi con esse. C’è sempre qualcosa da raccontare nel mondo, da trascrivere, da tramandare. E soprattutto, non mollate mai: qualunque obiettivo è raggiungibile. Siate capitani della vostra vita!

di G. Davì

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