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Teatro Massimo: Liberty in scena, Palermo nel cuore

Immagine in evidenza tratta dal web

Durante le festività natalizie appena terminate, a Palermo si può assistere a uno spettacolo che nessun palermitano si perderebbe mai: il Teatro Massimo addobbato con luci scintillanti e con stelle di Natale che formano, sull’imponente scalinata dell’edificio, un magnifico tappeto rosso che sembra invitare i passanti ad entrare.

Teatro Massimo

Il Massimo (come è chiamato dai palermitani), con i suoi 7.730 metri quadrati di estensione, è il più grande teatro lirico d’Italia e il terzo in Europa, dopo quelli di Parigi e di Vienna.

L’edificio venne costruito all’indomani dell’Unità d’ Italia, quando si sentì la necessità per Palermo di un nuovo, spazioso e moderno teatro d’opera. Per l’edificazione di tale monumento, nel 1864, il Sindaco di Palermo, Antonio Starabba, marchese di Rudinì, bandì un concorso aperto ad architetti italiani e stranieri e, per evitare favoritismi, pensò di creare una Commissione giudicatrice priva di siciliani. Nel 1868 la Commissione, dopo aver visionato ben 35 progetti, dodici dei quali di architetti stranieri, scelse quello proposto da Giovan Battista Filippo Basile, noto architetto palermitano. I lavori iniziarono ufficialmente il 12 gennaio 1875, anniversario della rivoluzione siciliana del 1848, in piazza Giuseppe Verdi, un’area resa libera dalla demolizione di tre chiese e di tre monasteri. Durante questi lavori venne profanata la tomba di una suora, detta “la monachella”, che, secondo la tradizione, si aggira ancora oggi per gli ambienti del teatro.

Nel 1881, l’assessore ai lavori pubblici, indignato per le spese eccessive, accusò il Basile, direttore dei lavori, di aver truccato i conti (nulla di nuovo sotto il sole!) e gli fece revocare l’incarico che venne affidato all’architetto Alessandro Antonelli, ideatore della Mole Antonelliana di Torino. I palermitani però si schierarono dalla parte del Basile a cui furono riaffidati i lavori nel 1890. In effetti il costo complessivo dell’opera non superò gli 8 milioni di lire, mentre, secondo le cronache dell’epoca, per i teatri di Parigi e di Vienna erano stati spesi 30 e 20 milioni di lire.

Nel 1891 Giovan Battista Filippo Basile morì; a lui subentrò il figlio Ernesto, anch’egli architetto. L’edificio venne inaugurato il 16 maggio 1897 col Falstaff di Giuseppe Verdi, rappresentato davanti a un pubblico di 3000 persone, tante quante ne può contenere il teatro (oggi le norme vigenti consentono di ospitare al massimo 1.247 spettatori).

Nel 1935 il teatro, fino ad allora affidato ad imprese private, con un decreto del Ministro della Cultura Popolare venne proclamato Ente Teatrale Autonomo. Purtroppo, nel 1974, il monumento venne chiuso per lavori di ristrutturazione finiti solamente il 12 maggio 1997, quando il teatro riaprì con un concerto eseguito, nella seconda parte, dai Berliner Philharmoniker diretti dal maestro Claudio Abbado.

Dal punto di vista architettonico, il Teatro Massimo, gioiello del Liberty europeo, è un capolavoro di arte e ingegno. La sua facciata principale è caratterizzata da una maestosa scalinata fiancheggiata da due gruppi bronzei con leoni che rappresentano la Tragedia e la Lirica. Al termine della scalinata, troviamo un pronao con sei colonne corinzie che accoglie lo spettatore. All’interno, il fulcro del teatro è la Sala Grande dove si tengono gli spettacoli. La sala ha un’acustica perfetta e un soffitto molto particolare costituito dalla “Ruota simbolica”. La ruota sembra un grande fiore con undici petali disposti attorno a un tondo centrale che raffigura il “Trionfo della musica”. I “petali”, attraverso un sistema di funi, si possono aprire verso l’alto in modo da far defluire l’aria calda e permettere la ventilazione della sala.

Questa perfetta unione di arte e ingegneria si ritrova nella “Sala pompeiana”. Di forma circolare, con soffitti affrescati, è detta anche “Sala dell’eco” per via della particolare acustica: l’eco aumenta di intensità via via che chi parla si avvicina verso il centro. In questo ambiente il numero 7 e i suoi multipli sono fondamentali: sulla sala si aprono 14 porte, 28 medaglioni raffigurano teste umane, 14 spicchi presentano figure allegoriche e il lucernaio è suddiviso in 7 parti. Il 7 rimanda ai sette pianeti e ai sette giorni della settimana, ai sette peccati capitali e alle sette virtù, ma soprattutto si collega alle sette note e alle sette corde della lira.

La bellezza del Teatro Massimo è riconosciuta in tutto il mondo, come attestano le centinaia di turisti che ogni giorno si fermano davanti all’imponente edificio per fotografarlo e ammirarlo. Durante la seconda guerra mondiale, persino gli eserciti stranieri avrebbero dovuto rispettare questo monumento: un tenente dell’esercito americano, Anthony Carcione, raccontò che piloti e puntatori dei bombardieri avevano ricevuto l’ordine di non colpire la sede del Cardinale, la Cattedrale e … il Teatro Massimo. Purtroppo il divieto non venne rispettato e una bomba centrò il palcoscenico, sfondandolo, ma il resto dell’edificio resistette e, nonostante il bombardamento, non subì gravi danni. “Proprio come la nostra città” sottolinea lo scrittore Santi Gnoffo “che non si è mai piegata alle gravi ferite inferte dalle guerre, alla speculazione edilizia ed all’incuria degli organi preposti. E aggiungerei, anche all’inciviltà di certi cittadini” (da L’arte rinnova i popoli eccetera, eccetera: la storia di come è nato il Teatro Massimo, in www.balarm.it) E così il Teatro Massimo, nonostante gli impedimenti burocratici, le bombe e le lunghe chiusure al pubblico, divenuto emblema della città di Palermo, continua ad essere insieme monito e incoraggiamento per i palermitani, soprattutto grazie alla frase, di attribuzione incerta, incisa sul frontone della facciata: “L’arte rinnova i popoli e ne rivela la vita. Vano delle scene il diletto ove non miri a preparar l’avvenire”. In un’epoca come la nostra, in cui il sapere è inutile e i media propagandano altri modelli, come le “veline”, i “tronisti” e gli “amici di”, l’idea della cultura come strumento per la costruzione del futuro è sicuramente un messaggio rivoluzionario

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