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CULTURA-MUSICA-SPETTACOLO

Possiamo dire che il jazz è un virus, un virus di libertà, che si è diffuso sulla terra, infettando tutto ciò che ha trovato sulla sua strada: il cinema, la poesia, la pittura, la vita stessa.”

In questo modo l’artista musicale Steve Lacy, sassofonista e compositore statunitense degli anni ’50, descrive il Jazz, un genere musicale che è improvvisazione, ritmo e trasmissione di sentimenti e di cui oggi si celebra la Giornata Internazionale.

Le origini del jazz vanno ricercate nei canti degli africani che, tra il Cinquecento e l’Ottocento, vennero portati come schiavi in America dove i ricchi proprietari terrieri li costringevano a lavorare nei campi di cotone, di tabacco e di canna da zucchero. Per alleviare la fatica, infatti, durante il duro lavoro nei campi i neri intonavano i cosiddetti work songs, i canti di lavoro che erano tollerati dai padroni perché, grazie al loro ritmo sincronizzato col movimento delle braccia, rendevano più produttiva l’attività degli schiavi.

Dall’evoluzione dei work songs, dei gospel, le canzoni religiose i cui testi erano ricavati dalle Sacre Scritture, e del blues, un canto nostalgico e triste, nacque a New Orleans, intorno all’inizio del ‘900, il jazz le cui caratteristiche furono da subito l’improvvisazione e il ritmo. Il nome di questo nuovo genere musicale deriverebbe da un vocabolo francese il cui significato rimanda alla gioia di vivere, ma secondo alcune fonti il termine avrebbe avuto origine da una parola africana con riferimenti alla sessualità.

Le prime band erano costituite da sette o otto strumenti: una o due cornette (uno strumento simile alla tromba ma più corta e larga), un clarinetto, un trombone, un violino, una chitarra o un banjo (strumento a corde a cassa rotonda), un basso tuba o un contrabbasso e una batteria.

Queste orchestrine ottennero un successo crescente che le portò ad uscire dai quartieri neri per suonare nei locali delle grandi città.

Sfortunatamente nel 1917, durante la Prima guerra mondiale, molti locali di New Orleans vennero chiusi per ragioni di ordine pubblico e i musicisti furono costretti a spostarsi in città del Nord come Chicago e New York: nella “grande mela” il quartiere nero di Harlem divenne il centro propulsore del nuovo genere musicale. Da qui infatti si diffuse nel resto del Paese la grande passione per il jazz che si fuse con le esperienze musicali di altre culture, coinvolgendo ben presto anche i musicisti bianchi come, ad esempio, gli immigrati italiani. E, difatti, la prima grande orchestra jazz americana, la “Original Dixieland Jass Band”, era guidata da un italoamericano, Nick La Rocca, il cui padre era un bravo cornettista di Salaparuta (TP).

In questo periodo, all’originaria strumentazione delle band si aggiunsero la tromba, il pianoforte e i sassofoni.

Grazie alla radio, che favorì la diffusione su scala nazionale della nuova musica, i jazzisti ottennero un notevole successo e, alla fine degli anni Venti, nei locali notturni di New York e Chicago si potevano ascoltare tutti i più grandi nomi del jazz: il pianista Jelly Roll Morton, il trombonista Kid Ory, il clarinettista Sidney Bechet, il cornettista Bix Beiderbecke, il cantante e trombettista Louis Armstrong.

Col passare del tempo dal jazz derivarono nuove forme musicali come lo swing, dal ritmo spensierato e ballabile, suonato dalle cosiddette “big band”, orchestre composte da un numero di elementi variabile tra 15 e 20, sostituito poi, dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, dal bebop, dai ritmi più irregolari e dalle sonorità poco orecchiabili, ma più fortemente legate alle tradizioni della musica nera. Tra i grandi autori di quest’ultimo genere ricordiamo il trombettista John Birks Gillespie detto “Dizzy” e il sassofonista Charlie Parker detto “Bird”.

Intorno agli anni ‘70 del Novecento si affermò il Fusion Jazz, nato dalla contaminazione con il rock e dall’incontro con le musiche etniche.

Oggi il jazz è un genere ancora vivo, reso vivace da una serie di nuovi artisti capaci di seguire il proprio cuore e la propria passione al di là del successo e della competizione, anche se non dobbiamo dimenticare che la nascita di tanti brani indimenticabili è legata allo sconforto e al dolore provocati dalla schiavitù e dal razzismo.

Alessio Bruno

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