“Verrà un giorno in cui tutte le nazioni del nostro continente formeranno una fratellanza europea. Verrà un giorno in cui dovremo vedere gli Stati Uniti d’Europa e gli Stati Uniti d’America faccia a faccia, allungarsi tra di loro attraverso il mare. “ Questa suggestiva profezia fu pronunziata dallo scrittore francese Victor Hugo a metà Ottocento, quando i paesi europei erano spesso divisi da guerre sanguinose; ma proprio per questo gli intellettuali più sensibili indicavano già da allora la via del superamento dell’idea di stato nazionale. E ad un altro grande intellettuale dell’ Ottocento, il milanese Carlo Cattaneo, spetta il merito  di aver individuato nella federazione degli Stati europei  lo scudo contro le autocrazie: “L’oceano è agitato e vorticoso e le correnti hanno due possibili fini: gli autocrati, o gli Stati Uniti d’Europa.”

Il sogno di un’Europa unita, come garanzia di pace e libertà per i popoli, ha trovato dei lucidi teorici in Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni, che, sebbene confinati dal fascismo a Ventotene, seppero farsi promotori di un manifesto in cui si auspicava la nascita di uno Stato federale europeo, considerato come  unico possibile baluardo contro le dittature e i conflitti.

Dopo la tempesta della guerra e dei totalitarismi, la consapevolezza che la collaborazione fra Stati fosse la migliore via percorribile ha portato a forme di aggregazione economiche e politiche sempre più estese, fino ad arrivare all’Unione europea come la conosciamo oggi, un’organizzazione forse  non priva di criticità, ma tale da garantire ai suoi cittadini più di un settantennio di pace e di progresso.

Oggi, sotto il peso di crisi economiche e nuove sfide, come il terrorismo, le migrazioni, la globalizzazione dei mercati, occorre probabilmente tornare al sogno degli europeisti che ci hanno preceduto e compiere l’ultimo tratto del viaggio: gli Stati Uniti d’Europa.

Certo, il percorso non appare lineare e la Brexit ci ricorda che i tempi probabilmente non sono ancora maturi, anche perché occorrerebbero profonde riforme delle istituzioni e delle procedure; ad esempio, bisognerebbe introdurre il criterio maggioritario nelle decisioni. Ma ormai  in molti credono che per affrontare le difficoltà del nostro tempo l’Europa abbia bisogno di questo ulteriore passo: unita nel rispetto delle sue diversità, salvaguardando tradizioni e culture di tutte le sue  componenti, avrebbe maggiore peso politico ed importanza decisionale, per affrontare le pressioni delle potenze mondiali e per diffondere il suo modello culturale, basato sulla solidarietà sociale, ma anche sulla tolleranza e sul rispetto dei diritti individuali.

Martina Sessa