Salvo Piparo: a vuci ri Palermu
“Ai tempi dei paladini di Francia si cumbatteva ca’ lancia, Virticchio e Virticchieddu avevano un’armatura fatta ca’ raschiatura, avevano un elmo fatto cu nu scalpeddu, avevano na’ scimitarra fatta cun manicu i chitarra…signori miei , prima eramu cinqu e ora semu sei , dove mangiavano cinque ora non ci mangiano sei,…avete a sapiri che qui a Palermu non succede mai niente…è quando la racconti una cosa che la fai succedere!”
Salvo Piparo racconta da anni la Sicilia, con le sue storie e leggende popolari, rievocando le tradizioni con la tecnica del “cunto”. Ma cos’è il cunto? È una forma d’arte, legata all’oralità e all’improvvisazione, che risale all’Ottocento o addirittura vanta legami con la tradizione aedica dell’antica Grecia. Qui a Palermo è grazie al maestro Cuticchio che questa forma d’arte diventa anche teatrale, il cosiddetto “teatro di narrazione “. Ma cuntare è qualcosa di più. È un fuoco e la sua scintilla, è l’improvvisazione : un attimo magico, magico veramente, perché quella storia che stai cuntando, diventa tua, entra dentro di te, si mescola con le tue fantasie, ricordi, memorie. Non ci sono copioni da seguire, ma soltanto tu e lei, come dice il nostro Salvo Piparo: “Raccontare significa essere in uno stato di grazia, con gli occhi puoi vedere quello che racconti e lo puoi restituire alle persone”. Ma il cunto è qualcosa ancora di più grande, la parola rende vivi gli eventi, crea e dà vita al mondo. Ogni volta che racconti rendi immortale ciò che cunti. Puoi raccontare qualunque cosa, anche le parole stesse, come nello “Scordabolario“: uno spettacolo e un libro del nostro Piparo. Come tutti i grandi, anche lui, nonostante la fama e notorietà è rimasto umile e con i piedi ben ancorati alla Sicilia e a Palermo: “la mia è una poetica del marciapiede, appresa per strada, da picciriddu, al Capo, all’Albergheria dove sono nato”. E grazie a lui Palermo non dimentica il suo passato, le sue tradizioni. Ideatore delle visite animate nel quartiere Ballarò, Piparo cunta aneddoti, leggende e storie popolari lungo le stratuzze, i mercati, le botteghe. Forse è proprio la vita vissuta ascoltando la voce della strada che ha reso Salvo Piparo un artista completo, geniale e originale. .Salvo ha conosciuto uomini, che pur non avendo mai calcato i palcoscenici, erano artisti e maestri di vita, calati nella realtà, quella vera fatta di pochezze, fame, disperazione, che per andare avanti dovevano inventarsi ogni giorno: diventando “cuntisti” di sciarre, coltellate, taverne e soprattutto fame. I cuntisti di strada sono stati di ispirazione per Piparo e soprattutto Palermo con i su biddizzi, u so cori e a so’ anima . Tanti sono i suoi racconti portati in scena nei teatri: “Il fantasma dell’Ucciardone”, “MadrePalermo”, ecc… Qualche anno fa è iniziata anche una collaborazione col teatro Biondo di Palermo con i testi “Orazione per Falcone e Borsellino “,”La città azoto”. Poi diverse partecipazioni in film:“Vento di Sicilia “,”Ore 18 in punto “, “Incastrati” con Ficarra e Picone. Ragazzi, giovani di ogni età, ora mi rivolgo a voi: seguite il maestro Salvo Piparo! Vi assicuro risate, ironia e insegnamento di vita. Ascoltatelo, scrutate la mimica del suo volto quando cunta. Vi emozionerete nell’ascoltarlo e vi verrà alla memoria forse un’espressione del passato che avete sentito da bambini, magari dal nonno e sarà un sussulto nel cuore. Perché il passato è dentro di noi, ce lo portiamo dentro, nascosto nei meandri dell’anima, pronto a sbucare fuori improvvisamente. Insieme ai richiami della memoria Salvo Piparo ci cunta la nostra Palermo bedda assai, ma anche piena di contraddizioni e problematiche sempre vive e attuali.
“Un buotto! Un buotto! Ca’ri luntanu i fici assantumari, i fici scantari ! U cielu e a terra aggiarniaru nta’ faccia! Un buotto accussì fuorti ca’ si firmaru puru i roggi! Dopo però ci fu un silenzio, sordo, miglia e miglia oltre la soglia del dolore e lì in quel silenzio”.
Questi sono solo pochi stralci del cuntu della strage di Capaci. Ma credetemi, ascoltare direttamente Salvo Piparo che racconta sopra un nudo palcoscenico gli eventi accaduti è qualcosa di catartico. Ti trasporta dentro le sue parole, che ti entrano in testa e dalla mente arrivano al cuore e poi giù una lacrima dal viso dello spettatore, la ricompensa più grande per un vero artista: creare emozioni. E poi la capacità incredibile di raccontare storie antiche, calandole nella realtà, riattualizzandole. Il 9 marzo troverete il maestro Piparo all’auditorium di Roma con “Il lupo e la luna” un’opera teatrale scritta tra l’altro dal nostro bravissimo giornalista siciliano Pietrangelo Buttafuoco.
Ciao maestro Piparo, il tuo fan ed estimatore Gregorio.
di Gregorio Davì