RIPARTIRE DOPO IL COVID: IL SETTORE RICETTIVO
L’ Italia ha il maggior numero di siti Unesco, è il primo paese dell’Unione Europea per numero di camere e il quinto paese al mondo per arrivi internazionali, con oltre cinquanta milioni di arrivi. È evidente come il settore turistico-ricettivo sia un comparto strategico per l’economia del paese e che, se opportunamente gestito e supportato con politiche pubbliche mirate, possa contribuire in modo decisivo alla crescita economica.
Prima del Covid, il nostro Paese aveva fatto registrare una crescita consistente dei flussi turistici in ingresso ed era ben posizionato tra le destinazioni preferite dai turisti extra-europei, con gli americani al primo posto, seguiti dai russi e dagli asiatici.
Nel 2016 il settore, costituito da 315.464 imprese attive, ha occupato circa 1,3 milioni di addetti e ha realizzato un fatturato di 76.177 milioni di euro e un valore aggiunto di 29.204 milioni di euro. Osservando nel dettaglio solo i dati del settore alberghiero, INPS e Federalberghi descrivono un settore in cui nel 2016 circa 180 mila aziende hanno impiegato, in media, un milione di lavoratori. Un dato interessante è la percentuale di lavoratori stranieri, che si attesta a circa il 25%.
Nel 2019, quindi poco prima della pandemia, il turismo contribuiva con 3,5 trilioni di dollari al Pil globale. Nel maggio 2020 l’Organizzazione mondiale del turismo già aveva stimato una caduta tra il 60 e l’80% degli arrivi internazionali a livello globale rispetto all’anno precedente. In Italia le cose sono andate leggermente meglio e la diminuzione degli arrivi internazionali si è fermata al 61%. I flussi turistici si sono poi sostanzialmente arrestati tra aprile e maggio del 2020; nei mesi estivi, in connessione con l’allentamento delle restrizioni, si è registrato un parziale recupero, più intenso per la componente nazionale, per la quale, nel mese di agosto, le presenze erano pressoché tornate sugli stessi livelli del 2019. Le presenze di turisti stranieri hanno invece mostrato una modesta capacità di ripresa, rimanendo su livelli inferiori di oltre la metà rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Fortunatamente, nel 2022 sono più che triplicati i viaggiatori stranieri in Italia, anche se gli arrivi rimangono inferiori del 36% al 2019, anno prima della pandemia. Un andamento positivo che potrebbe favorire il ritorno in Italia di 33 milioni di turisti stranieri che prima del Covid avevano pernottato nella penisola durante l’estate. Nella scelta delle mete gli stranieri in Italia apprezzano particolarmente le città d’arte, ma anche le località di mare, contribuendo quindi alle stime positive per il comparto balneare nazionale nell’estate 2022 elaborate dall’indagine Panorama Turismo – Mare Italia dell’Osservatorio JFC Tourism & Management, che prevede un totale di 418 milioni 580 mila presenze e un fatturato complessivo di 31 miliardi 878 milioni di euro.
Come in tutti i settori economici, anche nel turismo la pandemia ha prodotto degli adattamenti contingenti, ma anche cambiamenti che possono diventare strutturali e permanenti. I principali trend sono quelli di un approccio flessibile, combinato con turismo di prossimità, con il turismo lento e sostenibile, la riscoperta di nuovi territori e destinazioni turistiche meno note, alternative alle località mainstream ed iconiche, spesso in passato oggetto del fenomeno dell’ overtourism. Il turismo, dunque, può portare a un cambiamento positivo, può esercitare il suo ruolo trainante anche nell’ambito della sostenibilità.
di Liliana Cangialosi