Mettiamo nel carrello l’inclusività
In un momento storico come questo bisognerebbe sensibilizzare sempre di più i consumatori riguardo alla “diversità”; questa caratteristica viene spesso trattata alla stregua di un problema, quando in realtà a mio parere potrebbe essere considerata come il più grande punto di forza di una società. Spesso ci si lascia condizionare dai pregiudizi e ciò si riflette anche sul ruolo che ognuno di noi ha anche nell’ambito economico.
Sentiamo tanto parlare di “inclusione aziendale”; ma quando un’azienda può dirsi davvero inclusiva? Quando al suo interno vi è un’organizzazione che incoraggia ed è promotrice della diversità etnica, religiosa e di genere. Occorre dunque chiedersi: nell’azienda c’è diversità fra i dipendenti o hanno tutti le stesse caratteristiche? Inoltre, i processi di reclutamento vengono svolti in modo equo o sono pregiudicati da stereotipi e discriminazioni?
A questo proposito, da qualche decennio si è iniziato a parlare di “diversity management”, un insieme di pratiche e di politiche aziendali focalizzate sulla valorizzazione della diversità all’interno degli ambienti lavorativi. E’ importante sottolineare che, oltre ad essere importante da un punto di vista strettamente umano ed etico, questo approccio costituisce un punto di forza per quanto riguarda la performance di un’azienda, poiché chi ci lavora si trova in un ambiente sano, nel quale ci si può sentire liberi ed a proprio agio.
L’attenzione su questo argomento è enormemente cresciuta negli ultimi anni; è nato persino un evento apposito, il Diversity Brand Summit, che ogni anno ricerca e premia le aziende che si distinguono per inclusività. Sul sito dedicato a questa iniziativa si legge che “un’azienda inclusiva viene sentita come più moderna e conquista un maggior livello di fiducia da parte del cliente”. Quest’anno sono stati premiati Google e Rai, quest’ultima per la piattaforma Virtual LIS, dedicata alle persone non udenti; nominati come virtuosi, fra gli altri, Amazon, IKEA, Intesa San Paolo, TIM e Vodafone.
Un dato particolarmente significativo è l’aumento dei consumatori che preferiscono i marchi più inclusivi: erano il 63% nel 2019, sono balzati all’88% nel 2020. Insomma, il futuro delle aziende passa per l’inclusività.
Virginia Sala