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Lockdown, luci e ombre sull’uso del web

ATTUALITA', COVID-19

Dall’inizio del primo lockdown, nell’ormai lontano marzo 2020, le segnalazioni riguardanti  la dipendenza dalla tecnologia e il cyberbullismo  hanno visto una crescita esponenziale. Certamente, il problema non è nato con la pandemia: da tempo molti  adolescenti, persino bambini, denotano grave dipendenza dagli smartphone o da internet in generale; il lockdown in questo senso ha solo peggiorato questa dipendenza, poiché, a causa dei grandi spazi vuoti da riempire durante la giornata,  ci si distraeva attraverso social, videogiochi e in generale ogni attività possibile su internet.

Secondo uno studio condotto  dall’associazione Movimento Etico Digitale sulla base di un questionario, il 79% di ragazzi e ragazze tra gli 11 e i 18 anni attiva il telefono anche 120 volte al giorno, dedicando più di quattro ore al giorno al web, quindi all’incirca 120 ore al mese.  Gli adolescenti passano dalle tre alle sei ore al cellulare, lo usano anche a scuola nonostante i divieti, non sanno più gestire i momenti vuoti e sono in perenne attesa di una notifica per sentirsi gratificati.

La dipendenza da cellulare sembra riguardare comunque più gli adolescenti che i pre-adolescenti: il 51% dei primi, infatti, lo porta sempre con sé (anche in bagno) mentre i secondi si fermano al 39%. Più preoccupante il dato che emerge dalla domanda: “Chatti continuamente su Whatsapp?”; in questo caso, infatti,  i numeri si avvicinano: 37% dei 14-18enni contro il 33% degli 11-13enni.

È pur vero che, con le restrizioni dovute al Covid e la didattica a distanza, smartphone e social network hanno permesso ai giovani di rimanere in contatto e di sentirsi meno soli. Ma non senza un prezzo da pagare, a partire dal calo dell’attenzione legato all’utilizzo dello strumento, che abbassa la soglia della concentrazione e porta disturbi del sonno.

Spesso  attraverso il web si verifica  una banalizzazione delle relazioni interpersonali, tanto che viene da chiedersi come tanti possano cadere in tutte le trappole dello stupidario internettiano: sono  stati riportati casi di persone che dormivano in diretta streaming e  ”intrattenevano” gli spettatori, dando loro modo di svegliarli tramite un impianto audio collegato al sistema di donazioni di twitch:  in pratica la gente pagava per svegliare una persona che dormiva…

La stessa didattica a distanza, preziosa perché ha permesso di continuare le attività educative durante le restrizioni dovute alla pandemia, ha  aumentato necessariamente il tempo trascorso in rete da parte di bambini e ragazzi, privati dell’insostituibile possibilità di ritrovarsi insieme, in un ambiente “altro” rispetto alla famiglia e alla casa.

Per il futuro c’è da augurarsi che si riesca a trarre beneficio dalle competenze digitali sviluppate in questo periodo, senza però cadere nel rischio di  sostituire del tutto le autentiche relazioni umane, o peggio, di ridurle ad uno squallido teatrino ammazzanoia.

Daniele Castagna 

Roberta Russo

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