a vucciria

La Vucciria: una finestra sul mondo

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Era ‘na fridda mattina settembrina, Renato era stato tutta la notte smanioso: u lettu comu na prigiuni, i lenzola comu catini stretti stretti, ci mancava l’aria. Accussì si  decidetti, chi mancu erano le cinqu, e scappò comu possedutu, vestitu comu si truvava e senza manco lavarisi a faccia. Ma iddu u sapiva beni cos’era. Oramai s’accanusciva, era u momentu suo, chiddu pi u  quali era natu. Era u momentu di criari. Criari, dari vita, plasmari, fari (senza offisa pi u  patrieternu) Diu. Erano chisti: momenti, attimi, folate di vento. Comu si rici “nu fattu di primura, di prescia”. Si ritrovò al mercato della Vucciria, un tripudio di colori esplosero davanti al nostro Renato: il rosso dei pomodori, il rosa pallido dei pesce spada tranciati, il giallo delle banane, il bianco verde delle lattughe, il nero delle olive. Un colore dietro l’altro senza pausa o un momento di respiro. E poi ancora il vociare continuo degli ambulanti e un sottofondo, un brusio di parole dei passanti, una melodia di voci e suoni che ti entrano dentro ma con gentilezza, con eleganza. Stranamente questo luogo così trafficato è anche pieno di serenità. Una Pace interiore, una serenità si impadronisce di te e ti rende parte di quel luogo, come se fossi sempre stato lì. Un capolavoro d’arte: la Vucciria, il  cui nome etimologico deriva dal francese Boucherie, cioè macelleria, in epoca angioina, un mercato destinato al macello e vendita delle carni. Solo successivamente divenne un mercato per la vendita di pesce, frutta e verdura. La vicinanza al porto cittadino stimolò l’insediamento di mercanti e commercianti genovesi, pisani, veneziani, sin  dal XII secolo,  e la presenza di numerosi artigiani è leggibile dai nomi di alcune strade: via dei chiavettieri, dei materassai, dei tintori, ecc.

All’interno della zona del mercato si trovano palazzi nobiliari e opere d’arte, come il palazzo Mazzarino, la fontana del Garraffello, palazzo Gravina Filangeri. All’interno della vucciria, vicoli e piazzette si intrecciano e vi si possono trovare tutti gli ingredienti della nostra amata cucina siciliana: bancarelle fatte di cassette di legno, che grazie ai colori della loro mercanzia si trasformano in scrigni pieni dell’oro dei limoni, dell’argento delle sarde, del bronzo delle olive, del corallo dei pomodori. E poi ancora piramidi di cuccuzzedde, di tenerumi, spezie e odori, quello del rosmarino del finocchietto di montagna (l’unico vero e indispensabile per la pasta con le sarde palermitana), dell’origano verde, del basilico. I pesci poggiati su letti di ghiaccio tritato ci sono quasi tutti: gamberi, orate, scorfani, tonni, pesce spada, polpi, seppie, calamari. In pentole bollenti si ritrovano polpi bolliti, conditi a fine cottura con soltanto una spruzzata di limone. Caratteristiche sono anche le stigghiole cotte alla brace e le panelle. Un vastissimo assortimento di street food locale si presenta davanti agli occhi del visitatore. Rimane solo l’imbarazzo della scelta, secondo il proprio gusto:pane con a meusa ( milza), celebre quello dell’ ‘ambulante Rocky, o le famose stigghiole di Tanino e poi ancora pesce arrostito, involtini di pesce spada, cardi in pastella.

La zona è molto animata anche di notte, infatti è qui che si è sviluppata la movida palermitana, i giovani si ritrovano tra locali, musica in piazza, fumate delle griglie dello street food, a consumare a poco prezzo ottimi spuntini con gli amici. Oggi purtroppo a causa della crisi economica il mercato si è rimpicciolito e ha perduto l’antico splendore. Magari, oggi, vi diranno che non vale la pena andare alla vucciria, che non è rimasto nulla di quello che era una volta, che è un quartiere degradato. Ma io vi dico: andateci! Anche se quel vociare,il chiasso, la confusione di un tempo sono lontani, così come anche la ricchezza del mercato e delle attività.  I banchetti rimasti sono caratteristici e, se ti lasci guidare dalla fantasia, ti ritroverai anche tu dentro il quadro di Renato Guttuso, tra quegli odori e quel chiacchiericcio. E poi,  è nei mercati che si vive ,ammira e conosce il  vero cuore della cultura di una  città, della sua vera identità, della sua storia. Lungo piazza Garrafello si trova un edificio semidistrutto dalla Seconda Guerra mondiale e qui un artista austriaco, Ieri Jaentsch, ha creato diversi graffiti, denunciando con la propria arte il degrado del quartiere. Concludo con uno stralcio della poesia di Aldo Di Vita, intitolata “A Vucciria”: U ricordu ru passatu, é dintra u nostri cori, runni Nun si ponnu cancillari…e Lu tempu passau mentri li vecchi cuntavanu a li niputi, l’anticu proverbiu…li balati ra vucciria nun s’asciucanu mai….

Gregorio Davì

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