La scuola giapponese
Sono ormai diversi mesi che frequento la scuola in Giappone: è un’esperienza davvero formativa e interessante che mi sta facendo conoscere un sistema scolastico molto diverso da quello italiano.
In Giappone l’istruzione è obbligatoria dai 6 agli 11 anni; l’anno scolastico dura undici mesi: inizia ad aprile e si conclude nel mese di marzo dell’anno successivo.
Come in Italia, vi sono dei periodi di pausa dell’attività scolastica: 15 giorni per il periodo invernale e primaverile, 31 per il periodo estivo e, nel corso dell’anno scolastico, varie feste nazionali durante le quali i ragazzi non vanno a scuola.
L’ istruzione nel Paese del Sol Levante è organizzata in questo modo:
Scuola materna, よちえん (yochien), dai 3 ai 6 anni;
Scuola elementare しょがっこ (shogakko), dai 6 ai 12 anni;
Scuola media inferiore ちゅがっこ (chugakko), dai 12 ai 15 anni;
Scuola media superiore ごとがっこ (gotogakko), dai 15 ai 18 anni;
College Universitario だいがく (daigaku), dai 18 ai 22 anni;
Specializzazione, dai 22 ai 24 anni.
I corsi di studio della scuola media superiore, a differenza di quanto avviene nel sistema scolastico italiano che presenta numerosi indirizzi, si suddividono soltanto in due: classici e scientifici. Le discipline fondamentali sono uguali nei due corsi, ma in quelli scientifici si richiede un maggiore impegno nella matematica, nella fisica e nell’informatica.
Gli studenti giapponesi si dedicano seriamente agli studi sin dalla più tenera età per poter affrontare gli esami di ammissione ai vari gradi scolastici che, come sottolineano gli stessi がくせい (gakusei, studenti), sono molto difficili.
Superati gli esami, gli allievi scelgono a quale materia artistica dedicarsi tra musica, arte e calligrafia e quale disciplina sportiva praticare tra kendo, Judo e danza, in aggiunta alle due ore canoniche di educazione fisica.
In molti istituti scolastici si indossa l’uniforme: quella maschile è caratterizzata da giacca nera coi bottoni dorati, che possono riportare lo stemma della scuola, cravatta e pantaloni blu scuro; le ragazze portano un completo alla marinara.
Solitamente, il primo giorno di scuola, gli studenti si recano, insieme con le famiglie, nelle loro scuole per partecipare alla festosa cerimonia di apertura dell’anno scolastico durante la quale il Preside e gli insegnanti, accompagnati dall’orchestra sinfonica della scuola che suona l’inno giapponese, danno il benvenuto agli allievi.
Quindi, nel mese di settembre, alunni e docenti decorano con addobbi e cartelloni i locali del loro istituto per il “festival della scuola” durante il quale viene festeggiato l’inizio del nuovo anno scolastico con giochi e dolciumi vari creati dagli stessi ragazzi. Durante il festival vengono raccolte e versate nelle casse dell’istituto alcune somme di denaro che serviranno per affrontare le varie spese degli studenti, come il pagamento dell’autobus o dei biglietti della metropolitana e del treno per le gite scolastiche.
L’ingresso a scuola è previsto alle ore 8,20, ma i cancelli vengono aperti anche prima. Una volta entrati nella struttura, gli alunni devono togliersi le scarpe, riporle in appositi armadietti
e indossare un paio di ciabatte il cui colore è abbinato a quello della divisa (le mie sono di colore bordò). Le classi sono composte da circa 40 studenti che, prima di entrare in aula, ritirano i libri dai loro armadietti e quindi si siedono al loro banco in maniera composta in attesa dell’inizio delle lezioni che è fissato per le 8,25 e che è annunciato da una campanella il cui suono, nel mio Istituto, imita quello del Big Ben. L’ingresso dell’insegnante in aula è salutato dagli allievi con un inchino.
La giornata scolastica è suddivisa in periodi di 50 minuti con una pausa di 10 minuti tra una lezione e l’altra. All’ora di pranzo vi sono 45 minuti di intervallo durante i quali si può assaporare おべんと, l’obento (il pranzo portato da casa), accompagnati da una musica allegra trasmessa attraverso gli altoparlanti della scuola.
Per quanto riguarda le materie di studio, gli alunni, oltre a studiare le discipline che troviamo anche in Italia, come la lingua madre, la matematica, l’inglese e l’educazione civica, si dedicano anche alle lezioni di “salute”, con dimostrazioni di pronto soccorso, e allo studio degli ideogrammi della loro scrittura.
Ragazzi e ragazze poi praticano numerose attività sportive (ogni mese infatti è dedicato a uno sport diverso) ma in luoghi separati.
Solitamente ogni scuola è dotata di una palestra e di un cortile molto grande in cui svolgere l’attività fisica, inoltre in alcuni istituti, come in quello che frequento io, è presente anche una piscina coperta: quella della mia scuola è lunga 25 metri e si trova sul tetto dell’edificio.
Alle ore 15,15 terminano le lezioni, tutti gli studenti salutano con un inchino di chiusura il docente coordinatore e un gruppo di ragazzi, a turno, insieme ad un professore, pulisce la classe e gli spazi comuni: in Giappone infatti non è prevista la figura del “bidello”, fatto che mi ha colpito moltissimo, perché da noi i bidelli sono indispensabili, dato che si prendono cura non solo dell’edificio scolastico, ma spesso anche di noi alunni.
Questa abitudine di far pulire la scuola agli allievi è sicuramente uno degli aspetti per me particolarmente interessante della cultura nipponica, perché in questo modo i ragazzi vengono educati fin da piccoli a rispettare i beni comuni e ogni genere di attività lavorativa.
Nel pomeriggio e il sabato mattina, gli studenti si riuniscono nei cosiddetti “club” in cui ci si dedica alle attività extrascolastiche che possono essere sia sportive (calcio, nuoto, palestra, Judo) sia culturali (corsi di lingua inglese, studio della storia). Grazie ai “club” i ragazzi hanno modo di socializzare, accrescere la loro cultura, migliorare i rapporti interpersonali e, perché
no? Far nascere rapporti sentimentali!
Il sistema scolastico giapponese, come ho già scritto, presenta notevoli differenze rispetto al nostro, ma c’è un aspetto che li accomuna: la capacità di arricchire la cultura dei ragazzi per renderli liberi e creare i grandi uomini del futuro.
di Alessio Bruno