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La festa dell’albero

ALMANACCO, AMBIENTE

Il 21 novembre di ogni anno si celebra la festa dell’albero, un’occasione per ricordare il loro indispensabile contributo alla vita.

Una riflessione fondamentale che nasce dall’incontro online che la nostra scuola ha avuto con lo scienziato Stefano Mancuso, professore dell’Università di Firenze e direttore del Laboratorio Internazionale di Neurobiologia Vegetale. Il confronto è stato molto costruttivo proponendo una visione delle piante come fulcro dell’intera esistenza della nostra Terra.

Tutta la vita sul pianeta dipende dalla capacità delle piante di trasformare l’energia della luce solare in energia chimica di cui gli organismi hanno bisogno per sopravvivere. Tutti gli esseri viventi dipendono dalla vita vegetale: la materia vegetale derivata dalla fotosintesi è l’alimento fondamentale per gli organismi erbivori ed è a base delle catene alimentari.

E proprio i boschi sono i migliori regolatori del regime delle acque in un territorio e funzionano come calamite per le nubi. Dove vi sono boschi, infatti, il terreno assorbe maggiori quantità d’acqua e lo scorrimento superficiale è minore a beneficio delle falde acquifere sotterranee. Gli alberi hanno anche l’importante funzione di monitorare l’ambiente e di fornire indicazioni biologiche sulla qualità ecologica di un territorio. Grazie alla capacità di filtrare gli inquinanti atmosferici, lo studio degli alberi e dei boschi consente di evidenziale le soglie di pericolosità e i sinergismi dei vari inquinanti ambientali.

Gli alberi sono il motivo per cui, oggi, noi umani siamo ancora sulla Terra. Senza rendercene conto. Senza comprenderlo, davvero, fino in fondo. Eppure continuiamo ad ignorare il grido della Natura poiché non comprendiamo fino in fondo l’intelligenza del mondo vegetale e il suo essere indispensabile. In ultima analisi: perché l’Uomo continua imperterrito a distruggere la Natura (ovvero la famosa “casa comune” in cui abita) nonostante almeno mezzo secolo di avvisi e allarmi sempre più stringenti lanciati dalla comunità scientifica e nonostante i disastri più o meno naturali che sempre più spesso mietono migliaia di vittime? Tante sono le probabili concause che, in modo più o meno complesso, s’intrecciano tra loro: cause sia socio-politiche, storiche ed economiche, biologiche ed ecologiche. Forse abbiamo perso un vero contatto con la Natura, la capacità di essere in sintonia, innescando un processo a cascata di impoverimento interiore che porta all’ignoranza cognitiva e culturale, alla perdita di identità, all’inaridimento emotivo, ma soprattutto all’incapacità di essere in risonanza con il mondo che ci circonda che è ancora in massima parte naturale.

Questo processo, che è aumentato in maniera esponenziale nell’ultimo secolo e in particolare dalla fine della seconda Guerra Mondiale, produce a sua volta due importanti effetti. Il primo, pericolosissimo, incide sulla nostra capacità di adattamento. La specie umana ha fatto di questa sua sensazionale facoltà, sostenuta dalla sua intelligenza, la carta vincente per sopravvivere e imporsi come specie dominante sul Pianeta. Senza più contatto e sintonia con la Natura, perdiamo quindi la capacità di adattarci ai suoi mutamenti, tanto più a quelli repentini degli ultimi anni e di quelli che ci attendono. E l’adattamento di una specie è un processo biologico, oltre che culturale, che richiede tempo e che può essere solo in parte compensato o contenuto dalla tecnologia. Il secondo effetto è la riduzione del nostro amore e dell’attrazione per la Vita.  La nostra società è sempre più orientata verso scenari necrofili presenti dalla cultura verso immagini/situazioni mortifere, all’uso di tecnologie di dubbio effetto sulla salute, a un’alimentazione sempre più priva di vere forze vitali. E allora, siamo a un punto di non ritorno? Una cosa è certa, la Natura, il Pianeta, l’Universo, possono vivere e continuare a generare e rigenerare anche in assenza dell’essere umano. Noi, al contrario, senza la Natura, non esisteremmo.

Tra le fronde degli alberi stormisce il mondo, le loro radici affondano nell’infinito; tuttavia non si perdono in esso, ma perseguono con tutta la loro forza vitale un unico scopo: realizzare la legge che è insita in loro, portare alla perfezione la propria forma, rappresentare se stessi. Niente è più sacro e più esemplare di un albero bello e forte. Gli alberi sono santuari. Chi sa parlare con loro, chi li sa ascoltare, conosce la verità. Essi non predicano dottrine e precetti, predicano, incuranti del singolo, la legge primigenia della vita.” (Hermann Hesse)

Alessandramarina Dia

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