Il Gattopardo: l’anima siciliana
Estate 1962, Borgata Bordonaro, Palermo. La quasi dodicenne Maria Stella, in punta di piedi, saltellava , canticchiando “io non ho e tu lo sai un soldino per suonare il jubox…ohhh…. tristeee sarò..se stasera…..! Quella mattina, la monella, era più vivace del solito: dopo giorni di appostamenti furtivi, era riuscita a farsi autografare il quadernetto con la foderina nera: “me lo invidieranno tutti, soprattutto quella presuntuosa di Costanza, lo farò vedere alla maestra e forse mi metterà”brava “in pagella!” Con questi pensieri ambiziosi ritornava a casa, mostrando ad ogni passante che incontrava per strada la firma ottenuta con tanta fatica:”taliate commare Fina, la firma di Mario Girotti!” (alias Terence Hill)..Questa storia la nonna Maria Stella la racconta ancora oggi. Quell’estate la borgata Bordonaro divenne celebre davvero per le riprese di alcune scene del film “il Gattopardo” diretto dal regista Luchino Visconti e tratto dal capolavoro omonimo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa.. Il film , vincitore della palma d’oro a Cannes, come miglior film nel 1963, è stato girato quasi interamente in Sicilia, a Palermo, in particolare a piazza San Giovanni, piazza della Vittoria allo Spasimo, piazza San ‘Euno, piazza della Marina, altri luoghi nelle vicinanze della Kalsa; ma anche a Ciminna, in provincia di Palermo, per quanto riguarda le scene della residenza estiva di Donnafugata..Il romanzo , scritto da Giuseppe Tomasi di Lampedusa negli anni ‘50, venne pubblicato solo nel 1958,a causa del rifiuto di molti importanti editori. Eppure, Il Gattopardo, è uno dei romanzi italiani del ‘900 più letto e amato nel mondo. La cosa più singolare è che il sessantenne Tomasi di Lampedusa era al suo esordio come scrittore, quindi il Gattopardo rappresenta il pensiero e la meditazione di un grande uomo, aristocratico e di raffinata cultura storica e letteraria, che giunto alla maturità della vita, decide di cimentarsi come scrittore. E il Gattopardo è quasi un racconto autobiografico, in cui l’autore si rispecchia pienamente nel protagonista, il principe Fabrizio. Tre generazioni dopo egli vivrà le stesse conseguenze, pensiero e stato d’animo, della fine di un’epoca e l’inizio di un’altra. Appartenente ad una famiglia dell’alta aristocrazia siciliana, Giuseppe Tomasi, dopo una infanzia e gioventù felice e spensierata, rimane profondamente segnato dalla guerra, soprattutto a causa della distruzione dell’amata casa di famiglia, palazzo Lampedusa, durante il bombardamento del 1.943.L’autore vive quella distruzione come perdita personale di una parte di sé e del suo passato familiare e storico, sembra la fine, eppure proprio come Pascoli, Leopardi e tutti gli autori sensibili e speciali, riesce con la scrittura, a ritrovare equilibrio e pace interiore, esprimendo la propria individualità, e a ricreare, nella finzione letteraria, un mondo perduto, quello magnifico della giovinezza passata. E così nasce il Gattopardo: romanzo storico, basato sulle vicende della famiglia aristocratica Tomasi, in particolare del bisnonno Fabrizio Salina, vissuto durante il Risorgimento.. Il titolo del romanzo prende origine dallo stemma di famiglia dei principi di Lampedusa, rappresentato da una belva felina africana. Ma la belva ha valore positivo: “Noi fummo i Gattopardi, quelli che ci sostituiranno saranno gli sciacalletti, le iene!.”..Nel 1860 i garibaldini sbarcarono a Marsala, la nobiltà siciliana sente vicina la propria fine. Fabrizio Gerbera, principe di Salina, è tra i nobili consapevoli che il mondo a cui appartiene sta morendo e che il futuro, pronosticato dalla nuova linea politica, quella dell’unità d’Italia, è illusorio e effimero. Tuttavia incoraggia il nipote Tancredi Falconieri, eroico ufficiale dell’esercito garibaldino, a sposare la bella Angelica, figlia di Calogero Serata, contadino arricchito e sindaco di Donnafugata, dove i Salina hanno un palazzo. La dote di Angelica favorirà la carriera di Tancredi, che economicamente ha poche risorse. Don Fabrizio invece rifiuta la nomina a senatore del Regno proposta dal nuovo governo e indica , al suo posto, Sedara. Durante un ballo, in onore di Angelica, Don Fabrizio disilluso, confida alle stelle il suo pensiero pessimista sul futuro, e sente vicina la morte. Nel 1883 di ritorno da Napoli, Fabrizio muore. Il casato dei Salina si avvia al tramonto.. Questa la trama, ma oltre si percepiscono pensieri, domande e risposte che fanno di questo romanzo storico un romanzo di vita.. Il protagonista si ritrova a vivere tra due mondi, quello vecchio e decadente a cui appartiene e il nuovo nel quale non si riconosce, è consapevole della decadenza della classe nobiliare, che a poco a poco viene sostituita dai nuovi ricchi. Questa realtà lo rende apatico, infelice, senza nessuna voglia di reagire.. Molti critici letterari accostano questo sentimento al pessimismo leopardiano: entrambi , Tomasi e Leopardi, riversano sul creato e sul mondo una visione negativa scaturita dal proprio animo travagliato e conflittuale, che però non ha nulla a che fare con i reali avvenimenti della storia. Inoltre possiamo definire il Gattopardo un romanzo psicologico, in quanto la maggior parte degli avvenimenti vengono descritti attraverso il punto di vista di Don Fabrizio, e anche un romanzo decadente, perché mostra la fine della famiglia Salina che perde prestigio, ricchezza e potere soprattutto dopo la morte del principe.. Una delle scene più significative è quella del dialogo tra Don Fabrizio e l’ufficiale Chevalley, inviato dal governo Piemontese a Donnafugata, per offrire la carica di senatore al principe. Il principe rifiuta, perché non crede che la Sicilia possa rinascere a nuova vita: per il peso delle numerose civiltà succedutesi nell’isola che ne hanno fatto a tutti gli effetti una colonia, e anche gli stessi Piemontesi, non rappresentano che l’ennesimo straniero; poi l’atteggiamento dei siciliani: passivo e sfiduciato, proprio perché sempre dominati da altri; infine la posizione geografica, con il sole infuocato che incide negativamente sull’anima dei siciliani. Una visione malinconica e pessimista, ma anche realista, in quanto il principe non crede che il nuovo regno porti novità positive in Sicilia. I Garibaldini decretarono la fine del regno dei Borboni, ma nell’isola cambiò poco o nulla. Nessuna illusione, né fiducia in un futuro che non é in grado di portare un reale progresso. Ciò che è sempre stato lo sarà per sempre, una specie di immutabile eterno presente. È la medesima analisi e riflessione storica e realistica che fa Tomasi, riguardo all’Italia , subito dopo la Seconda Guerra mondiale.. Concludo con la celere frase, pronunciata da Tancredi: “perché tutto rimanga com’è bisogna che tutto cambi”. Una frase pronunciata dal nipote che si arruola presso le camicie rosse garibaldine, arrivate in Sicilia. Significa che soltanto sostenendo il cambiamento politico si potrà mantenere il proprio stato, i privilegi, le abitudini, il proprio posto nel mondo. Tancredi cerca di convincere lo zio che il nuovo regime sarà di beneficio per il ceto aristocratico. Su questa celebre affermazione si fonda il concetto di gattopardismo, presente nell’enciclopedia Treccani, che indica l’atteggiamento di chi si adatta a una nuova situazione politica, sociale, economica, per potere conservare i propri privilegi e potere, simulando d’esserne fautore.. Ma trasferiamo questa riflessione nel mondo di oggi: l’industrializzazione, la modernità, la tecnologia , l’informatizzazione hanno cambiato la realtà. Nei cambiamenti tutto cambia e non è detto che si riesca a mantenere il passato. Il cambiamento può andare verso il peggio e il mondo che conosciamo modificarsi radicalmente e per sempre. Nel Gattopardo la vecchia società non partecipa alla creazione della nuova Italia per pigrizia, perché non vuole impegnarsi e gli sciacalli e le iene subentrano. In fin dei conti Don Fabrizio come la nobiltà di allora e anche Tomasi di Lampedusa stavano bene nella loro dorata realtà. Allora quale è la vera fine, il male peggiore? Che nel cambiamento cambi tutto e che nulla rimanga del passato. Il passato è importante, è la memoria di noi, dei nostri antenati, lo specchio della nostra anima. Ma il cambiamento deve avvenire dall’interno, nella nostra anima. Togliamoci la maschera dal volto, operiamo una rivoluzione all’interno di noi stessi e nel contesto sociale smettiamola di dire: io non c’entro! Invito tutti a leggere il Gattopardo.. Possa questo capolavoro iniziarvi a una rivoluzione interiore. Questo è il mio augurio per ciascuno di voi.
Gregorio Davì