Achille Lauro, l’artista della “purezza anticonformista”
L’anno scorso, durante la 70^ edizione del Festival di Sanremo, si parlò molto di un artista che aveva suscitato grande scalpore grazie alle sue performances: stiamo parlando di Achille Lauro, cantautore e produttore discografico italiano entrato nell’industria musicale nel 2012; quest’anno, l’artista è tornato sul palco dell’Ariston, cui deve in parte la sua popolarità, e il dibattito è tornato ad infiammarsi.
Su di lui, infatti, ci sono state e ci sono tuttora delle controversie: vi è chi lo critica per il suo modo stravagante di vestire e di fare musica, ritenendolo persino “non adeguato e vergognoso” per un palco importante come quello di Sanremo, e chi, invece, lo stima e lo loda per la sua originalità e per il suo essere “anticonformista” nelle idee e nel ruolo di cantante e performer.
Achille stesso, nell’ultima serata del 71° festival, ha risposto a queste critiche esibendosi a petto nudo, con delle rose infilzate nella carne sanguinante (tranquilli, era un trucco!), per rappresentare il male che le parole possono fare: ”Penso che la musica abbia cambiato la storia. Ho voluto portare un messaggio di libertà qui sul palco dell’Ariston. Il mio ultimo messaggio riguarda le parole, le parole fanno male, io ho imparato a farmele scivolare addosso, ma non è così per tutti”; questa è stata la spiegazione dell’ultimo quadro musicale che ha portato sul palco, così come ne ha date altre per tutti i “quadri” che ogni sera, per tutta la durata del festival, ha presentato.
In una delle esibizioni, ad esempio, vestito con un abito bianco da sposa e piume bianche, ha cantato insieme a Rosario Fiorello la canzone portata l’anno scorso al festival, “Me ne frego”, e mandato questo messaggio:
“Sono il Punk Rock.
Icona della scorrettezza.
Purezza dell’anticonformismo.
Politicamente inadeguato.
Cultura giovanile.
San Francesco che si spoglia dei beni,
Elisabetta Tudor che muore per il popolo,
Giovanna D’Arco che va al rogo.
Prometeo che ruba il fuoco agli dèi.
Sono un bambino con la cresta,
Un uomo con le calze a rete,
Una donna che si lava dal perbenismo e si sporca di libertà.
Sono l’estetica del rifiuto,
Il rifiuto dell’appartenenza ad ogni ideologia.
Sono Morgana che tua madre disapprova.
Contro l’omologazione del ‘si è sempre fatto così’.
Sono Marilù.
Dio benedica chi se ne frega”.
Nella terza serata, in mezzo ad una sfolgorante scenografia color oro, il cantante ha offerto un invito alla tolleranza e parole di condanna di ogni giudizio moralista:
“Sono il Pop.
Presente, Passato.
Tutti, Nessuno.
Universale, censurato.
Condannato ad una lettura disattenta.
Superficiale.
Imprigionato in una storia scritta da qualcun altro.
Una persona costruita sopra la tua persona.
Divento banale, mi riducono ad un’idea.
Antonomasia di quelli come me.
Rinchiudere una persona in un disegno.
Ma io ero molto di più.
Il pregiudizio è una prigione.
Il giudizio è una condanna.
Dio benedica gli incompresi”.
Dunque, tutte le serate di Sanremo hanno dato voce a queste sue idee, grazie, ovviamente, all’aiuto della musica, diventata mezzo di libertà e inclusione per chiunque l’ascolti e la veda, perché, come dice Achille stesso: “Per me interpretare e scrivere canzoni è la stessa cosa, perché oggi la musica si guarda”.
Mariachiara Iride