SEMPRE PIU’ VIOLENZA TRA I GIOVANI

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Rapine, accoltellamenti, risse, violenze sessuali, sparatorie. Le pagine della cronaca sono colme di notizie di questo genere. E, in un gran numero di casi, riguardano una fascia di popolazione da cui ci si aspetterebbe di tutto, tranne che la violenza: i giovani.

La violenza giovanile, anche a causa dell’isolamento provocato dalla pandemia negli ultimi due anni, è, infatti, in continua crescita e non cessa di preoccupare istituzioni, genitori, scuole e psicologi.

Recentemente, a Nashville, una donna di 28 anni ha ucciso tre bambini e tre adulti in una scuola.

Inoltre una bambina di 12 anni è stata uccisa a Freudenberg, in Germania, da due sue coetanee di 12 e 13 anni, con numerose coltellate.

Tra le cause principali della violenza giovanile vi è  la sensazione di esclusione che si percepisce negli ambienti scolastici, cui si accompagnano le difficoltà dell’apprendimento, problemi di salute mentale, una bassa autostima, l’utilizzo massiccio di alcol e droghe, il generale disagio emotivo e, nel complesso, un atteggiamento aggressivo.

Alla base delle violenze vi è, dunque, spesso un desiderio di riconoscimento sociale, che conduce i giovani a tentare di ottenere una posizione di supremazia, rispetto e stima attraverso atti violenti e soprusi.

Ma come si può superare questa situazione di crisi tra i giovani d’oggi? Uno degli strumenti più idonei è, senza dubbio, quello di solidificare la capacità di rispondere – e, di conseguenza, risolvere – ai conflitti, in modo tale da sedare reazioni aggressive e problemi di disciplina.

Per farlo, è opportuno lavorare a stretto contatto con i giovani, attuando politiche di prevenzione della violenza che interessino scuole, associazioni e luoghi di aggregazione e consentano anche di intervenire precocemente sui casi più a rischio.

 

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