Pio La Torre, una vita contro la mafia
Esattamente 40 anni fa ci lasciava un politico che sarà sempre ricordato soprattutto per il suo grande impegno contro la mafia, Pio La Torre.
Pio La Torre nacque a Baida, un’antica frazione di Palermo, da una famiglia contadina. Fin dalla più giovane età si schierò dalla parte dei braccianti, aderendo successivamente al Partito Comunista.
In qualità di esponente del Partito diede l’avvio ufficiale al movimento di occupazione delle terre da parte dei contadini. La protesta chiedeva la confisca delle terre incolte e l’assegnazione in parti uguali a tutti i contadini che ne avessero bisogno. Il 10 marzo del 1950, in un centro agricolo in provincia di Palermo, migliaia di contadini si appropriarono di svariati terreni incolti. Intervennero quindi polizia e carabinieri e si verificarono dei disordini, nell’ambito dei quali le forze dell’ordine risposero alle sassaiole aprendo il fuoco. La Torre, per evitare che le cose degenerassero ulteriormente, arringò la folla sul fatto che fossero i padroni e non le forze dell’ordine i veri nemici da combattere. Nonostante questo suo prezioso intervento, fu arrestato e accusato di tentato omicidio; il giorno seguente fu condotto al carcere dell’Ucciardone.
Uscito dal carcere, La Torre tornò ad occuparsi delle lotte contadine, impegnandosi nel sindacato. Nel 1952 venne eletto segretario della Camera del Lavoro di Palermo e promosse un’imponente raccolta firme di adesione alla campagna universale a favore dell’appello di Stoccolma, che chiedeva la messa al bando delle armi nucleari. Pochi mesi dopo venne eletto anche in Consiglio Comunale, dove rimase fino al 1966. In quegli anni condusse le sue battaglie contro l’intreccio di potere politico-mafioso, che avrebbe poi portato al “sacco di Palermo”.
La Torre conobbe la mafia corleonese e anche quando fu a Roma come deputato non ne dimenticò il volto feroce. Fu il primo ad intuire come la mafia dovesse diventare una questione politica nazionale. Proprio per queste ragioni, nel febbraio del 1980 firmò, insieme a Cesare Terranova, una relazione di minoranza in cui venivano evidenziati i rapporti tra mafia, politica e imprenditoria, in particolare con esponenti di spicco della Democrazia Cristiana, come Giovanni Gioia, Vito Ciancimino e Salvo Lima. Poco tempo dopo, precisamente il 31 marzo dello stesso anno, il parlamentare siciliano depositò alla Camera dei Deputati una proposta volta a riconoscere il reato di associazione mafiosa, quella dalla quale nascerà il celebre 416 bis. Così facendo, per la prima volta, si riconosceva la mafia come organizzazione, fornendo alla magistratura uno strumento utile per colpire i patrimoni illecitamente accumulati.
Tornato a Palermo, La Torre assunse la carica di segretario regionale e si impegnò in prima fila non solo contro la mafia, ma anche a favore della pace, con la battaglia contro gli euromissili a Comiso, in provincia di Ragusa, guidando numerose manifestazioni a Comiso, a Palermo, a Bonn, a Torino, a Roma, ed altre in giro per il mondo.
Venerdì 30 aprile 1982 Pio La Torre si trovava in macchina con il suo autista e compagno di partito Rosario Di Salvo, quando, alle 9.20, in via Vincenzo Li Muli, una moto di grossa cilindrata sbarrò la strada alla Fiat 132, obbligandola a fermarsi. Gli uomini a bordo cominciarono a crivellare l’auto di colpi, tutti in direzione di La Torre. Da un’altra auto scesero altri killer per completare l’opera: La Torre morì sul colpo, Di Salvo ebbe invece il tempo di estrarre una pistola e sparare alcuni colpi andati a vuoto. In totale vennero ritrovati 40 bossoli a terra.
A Palermo, ai funerali svoltisi in piazza Politeama il 2 maggio parteciparono oltre centomila persone, nonché uomini delle istituzioni, e l’orazione funebre fu tenuta da Enrico Berlinguer, che denunciò la matrice mafiosa dell’attentato, benché subito dopo l’omicidio vi fosse stata la rivendicazione da parte dei Gruppi proletari organizzati.
Tra le varie piste seguite dagli investigatori, ci fu sia quella interna al partito che quella del terrorismo. Fu solo con la collaborazione di Tommaso Buscetta e, dopo di lui, di altri boss di primo piano come Francesco Marino Mannoia, Gaspare Mutolo e Pino Marchese, che il delitto La Torre venne universalmente riconosciuto come delitto di mafia anche in sede processuale, dapprima con l’ordinanza-sentenza del Maxiprocesso di Palermo e poi con il troncone del Maxiprocesso dedicato agli omicidi politici (il Maxiprocesso Quater), che arrivò a sentenza definitiva nel 1995. Furono condannati all’ergastolo come mandanti Salvatore Riina, Michele Greco, Bernardo Brusca, Bernardo Provenzano, Giuseppe Calò, Francesco Madonia e Nenè Geraci.
Quattro anni dopo la sua morte, nel maggio 1986, venne fondato ad Alcamo, su iniziativa di Ino Vizzini, collaboratore di La Torre, il Centro di studi e iniziative culturali “Pio La Torre”, la cui missione era ed è quella di valorizzare il patrimonio ideale e politico segnato dalla vita e dall’opera di questo grande siciliano, realizzando e promuovendo studi, iniziative e ricerche originali riguardanti aspetti e problemi della Sicilia contemporanea.
Il 30 aprile 2007 venne intitolato a Pio La Torre il nuovo aeroporto di Comiso, su iniziativa dell’allora giunta di centrosinistra. Nell’agosto dell’anno successivo, però, la nuova giunta di centrodestra, guidata dal sindaco Giuseppe Alfano, decise di annullare quell’intitolazione, tornando a quella precedente in memoria del “Generale Magliocco”, un gerarca fascista distintosi nella guerra colonialista d’Etiopia. Dopo una ben partecipata petizione, promossa dal Centro Studi “Pio La Torre”, il 7 giugno 2014 l’aeroporto venne reintitolato a Pio La Torre.
Andrea Spalanca