Pasqua in Sicilia: cultura e tradizioni
La Pasqua è una ricorrenza particolarmente cara ai siciliani che la festeggiano con riti in cui si uniscono religiosità, spettacolarità e folclore.
Durante la Settimana Santa, nelle città e nei paesi della Sicilia, è un continuo susseguirsi di cerimonie, processioni e liturgie che, ogni anno, attirano visitatori da ogni dove.
I festeggiamenti cominciano il giorno prima della Domenica delle Palme quando i fedeli si recano nelle campagne per raccogliere i ramoscelli d’ulivo e le foglie di palma che saranno benedetti durante la messa dell’indomani.
Il giorno della Domenica delle Palme, in cui si ricorda l’ingresso di Cristo a Gerusalemme, in molti centri dell’isola vengono organizzate delle processioni. Una delle più note è quella chiamata “U’ Signuruzzu a cavaddu” che si svolge a Caccamo: “Gesù”, impersonato dal più piccolo dei chierichetti, sfila per le strade del paese a dorso di un asino elegantemente bardato e infiorato, accompagnato da dodici ragazzi che rappresentano gli apostoli.
Il giovedì prima della domenica di Pasqua, il “Giovedì Santo”, viene celebrata la messa “In Coena Domini” che rievoca l’Ultima Cena di Cristo con gli Apostoli prima della Passione. Durante la funzione vi è il rito della “Lavanda dei piedi”: il sacerdote lava i piedi di dodici persone, spesso bambini, così come aveva fatto Gesù coi dodici apostoli. La sera, dopo la messa, così come vuole la tradizione, i fedeli visitano almeno tre “sepolcri” (il numero tre rimanda alla Trinità). Il termine “sepolcro” nasce da un fraintendimento della gente del popolo che scambiava gli altari riccamente addobbati per la rappresentazione della tomba di Gesù. In realtà si tratta di altari della reposizione in cui viene esposto per l’adorazione il Santissimo Sacramento e in cui vengono conservate le ostie consacrate. Tali altari sono decorati con piantine di semi di grano germogliati al buio, e quindi dal caratteristico colore chiaro, che simboleggiano il passaggio dalle tenebre della morte di Gesù alla sua Resurrezione.
Nella notte tra il giovedì e il venerdì, a Misilmeri si svolge un suggestivo rito itinerante: la “Trucculiata”. Gruppi di cantori intonano un canto ispirato alla Passione di Cristo accompagnati dalle tròcculi, strumenti musicali di legno dal suono malinconico che, nel periodo di lutto tra il Venerdì Santo e la Pasqua, sostituisce l’allegro rintocco delle campane.
Il Venerdì Santo è dedicato alle processioni che ripercorrono i momenti della Passione di Gesù. Le più note sono i “Misteri” di Trapani e la “Processione dei quadri viventi” a Marsala.
Il giorno di Pasqua in vari paesi siciliani si svolge la cerimonia del cosiddetto “Ncontru”: una statua della Madonna viene portata in giro per le vie finché non incontra la statua del figlio risorto. In particolare, a Misilmeri Maria indossa un luttuoso velo nero che, al momento dell’incontro, viene sostituito da un manto azzurro, mentre alcune colombe bianche si alzano in volo per esprimere il potere di rinascita della Resurrezione.
Ma in Sicilia non si festeggia solo con le tradizioni religiose o folcloristiche: ogni ricorrenza è infatti accompagnata da particolari ghiottonerie.
Caratteristica del giorno di Pasqua è la bella tavolata con genitori, nonni, zii, cugini che gustano i ricchi piatti della tradizione pasquale: “ u’ sciusceddu”, tipica minestra messinese a base di brodo di carne o pollo, macinato di vitello, ricotta e uova, “u’ tianu d’Aragona”, preparato in un tegame di terracotta in cui vengono amalgamati uova, formaggi, pasta, carne e tanto altro, l’agnello, o in alternativa il capretto, cucinato in tutti i modi possibili, al forno con le patate, al sugo, “aggrassatu” (spezzatino), impanato, fritto. Il pasto viene sempre concluso con numerosi dolci: oltre alla classica cassata, non possono mancare l’agnellino di marzapane, simbolo sacrificale decorato con un fiocchetto rosso e uno stendardo che indica la gloria della resurrezione, e “i pupi cu l’ova”, ciambelle di pasta frolla intrecciata e ricoperta di zuccherini colorati con al centro un uovo sodo su cui talvolta vengono applicati pezzi di mandorla per rendere gli occhi e la bocca del “pupo”.
Il giorno seguente, dopo questo pranzo luculliano, i siciliani si “mantengono leggeri” e, durante la tradizionale gita fuoriporta di Pasquetta, si limitano a preparare la brace su cui arrostiscono la salsiccia, le “stigghiole” (involtini realizzati con le budella dell’agnello), l’agnello e i “cacocciuli” (carciofi).
La Pasqua siciliana, dunque, viene festeggiata con tanti riti collettivi che servono a cementare i legami familiari e i vincoli di solidarietà tra concittadini in nome di quella Pace che è al centro del messaggio cristiano, ma che oggi purtroppo è calpestata in tante parti del mondo.
Alessio Bruno