HIKIKOMORI: UNA VIA D’USCITA È POSSIBILE
Negli ultimi anni molti adolescenti, per lo più di sesso maschile, hanno cominciato a rimanere chiusi nelle loro stanze con l’unica compagnia di Internet e dei videogiochi. Questo fenomeno si è intensificato con il lockdown legato alla pandemia di Covid-19, quando siamo stati tutti costretti a rimanere chiusi in casa e alcune persone si sono rese conto di preferire questo stile di vita, diventando degli hikikomori.
Hikikomori è un termine giapponese coniato nel 1998 dallo psichiatra Tamaki Saito: deriva dai verbi “hiku” (tendere) e “komoru” (ritirarsi), significa letteralmente “avere la tendenza a ritirarsi” e indica sia “un particolare disturbo psichiatrico che si manifesta attraverso ritiro sociale, auto-esclusione dal mondo esterno, isolamento e rifiuto totale non solo per ogni forma di relazione, ma anche per la luce del sole” (“Hikikomori. Sintomi, cause e trattamenti”, in www.ospedalemarialuigia.it) sia le persone che per loro scelta si estraniano dalla vita sociale. I primi casi sono stati osservati e studiati in Giappone, ma ben presto gli hikikomori si sono diffusi in Asia e nel mondo occidentale e in Italia, secondo stime non ufficiali (I. BETTI, “Hikikomori in aumento con la pandemia. Molti giovani non torneranno a scuola”, in www.huffingtonpost.it), sono già circa centomila, per lo più giovani uomini tra i 14 e i 30 anni.
Coloro che soffrono di questo disturbo vivono essenzialmente di notte e chiusi nella loro stanza, rifiutando ogni forma di relazione che non sia mediata attraverso social network, videogame o internet. Sulla rete navigano anche fino a 12 ore al giorno.
Frederick, per gli amici Fred, è un ragazzo di 21 anni che ha vissuto in isolamento per quasi metà della sua vita. Il suo ritiro sociale è cominciato a 12 anni, ma né lui né i suoi genitori lo avevano percepito come un problema. A 16 anni la situazione è degenerata: “«La mia delusione per la scuola e la perdita di fiducia nel prossimo, prima per una storia d’amore finita male, poi per il tradimento di alcuni amici che hanno agito alle mie spalle – ha spiegato il ventunenne – hanno sicuramente contribuito ad aggravare il problema»” (I. FAGGIANO, “Hikikomori, la storia di Fred: «Il mio ritiro sociale è cominciato a 12 anni. Quando mi sentivo morto, l’isolamento mi faceva rinascere»”, in www.sanitainformazione.it): infatti da quel momento Fred è rimasto bloccato nel suo letto, senza alcuna voglia di alzarsi, di lavarsi o di vestirsi per affrontare un nuovo giorno.
Oggi, dopo aver seguito una terapia psicologica e continuando a frequentare gruppi di mutuo aiuto e di supporto psicologico individuale e familiare, Fred non ha più problemi ad uscire e, nonostante permanga qualche difficoltà nelle relazioni con gli estranei, ha fatto molti progressi anche per quanto riguarda i rapporti con gli altri.
La storia di Fred è molto importante, perché ci insegna che, attraverso la psicoterapia individuale e familiare, è possibile anche per un hikikomori superare il proprio disagio e imparare a fronteggiare il mondo. La via non è facile e neanche breve, ma alla fine conduce alla meta.
Sara Messina