LA PASTICCERIA SICILIANA
La pasticceria siciliana nella storia
La pasticceria siciliana di oggi è il risultato di una tradizione millenaria formatasi grazie all’apporto di tutte le numerose popolazioni che, nel corso della storia, si sono stabilite in Sicilia.
Età greco-romana
Alcuni dei dolci che in Sicilia si mangiano ancora oggi sono nati nel periodo della dominazione greca: si tratta di quelli a base di mandorle e delle cudduredde, buonissimi biscotti di pasta frolla, ripieni di frutta secca e miele, che si preparano soprattutto per le feste natalizie.
All’età romana risalirebbe il simbolo della pasticceria siciliana, il dolce più famoso e più amato non solo nell’isola, ma in gran parte del mondo: il cannolo. Cicerone, questore in Sicilia, parla di un cibo dolcissimo costituito da un tubo di farina ripieno di crema di latte: è sicuramente l’antenato del nostro cannolo che, nella forma che conosciamo oggi, sarebbe stato creato dalle donne arabe dell’attuale Caltanissetta.
Dalla dominazione araba ai giorni nostri
L’arrivo degli Arabi, che portarono in Sicilia nuove coltivazioni come quella della canna da zucchero, influì molto sulla cucina siciliana, perché le tradizioni culinarie della nuova popolazione si mescolarono con quelle greco-romane, innovando soprattutto la pasticceria. Fu così che, come già scritto prima, le donne che vivevano nell’harem di Caltanissetta rielaborarono la ricetta di Cicerone, creando il cannolo.
Una svolta nella tradizione dolciaria siciliana avvenne durante la dominazione degli Spagnoli che, dai loro domini oltre l’Atlantico, portarono un preziosissimo ingrediente per la pasticceria: il cioccolato.
Da questo momento sino a tutto l’Ottocento l’arte della pasticceria si sviluppò soprattutto nei conventi femminili, anche perché le suore cominciarono a vendere i loro prodotti per mantenersi e per finanziare le loro attività caritatevoli dedicate soprattutto agli orfani che venivano loro affidati. I vari conventi si specializzarono nella preparazione di un determinato dolce: come si legge nell’articolo “Storia della pasticceria siciliana: quando i dolci si compravano in convento” pubblicato sul blog Io amo la Sicilia di Giusy Vaccaro, «il monastero di S. Maria di Monte Oliveto, noto anche come Badia Nuova, era specializzato nella preparazione dei cannoli […]; il monastero della Martorana era specializzato nella preparazione della frutta martorana, che proprio qui venne inventata; il monastero di Valverde era specializzato nella preparazione della cassata al forno; il monastero delle Vergini era specializzato nella preparazione delle minni di vergini e del trionfo di gola (un dolce oggi poco famoso che è stato citato anche ne Il Gattopardo)».
Alla fine del Settecento i nobili, dediti alle feste e ai banchetti, invitarono in Sicilia alcuni grandi chef francesi (chiamati monsù, storpiatura dialettale del francese monsieur) che introdussero nella cucina dell’isola nuove ricette francesi e napoletane.
Un secolo dopo, tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, vi fu una vera e propria rivoluzione nella pasticceria siciliana con l’arrivo di alcuni pasticceri svizzeri, Caflish, Caviezel e Greuter, che, secondo quanto si legge sul sito “Duciezio” dell’Associazione Culturale della Dolceria Pasticceria Gelateria Siciliana, diffusero nell’isola l’uso del burro e della panna e «nuove tecniche di lavorazione che saranno, come al solito, prima apprese, poi interiorizzate e alla fine straordinariamente “personalizzate” dai maestri pasticcieri siciliani» (da “Storia della pasticceria siciliana” in www.duciezio.it).
Tra gli innumerevoli dolci siciliani, due si distinguono per la loro fama, per la loro storia e perché sono inseriti nell’elenco dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali (P.A.T.) tenuto dal Ministero delle politiche agricole e forestali: la cassata e il cannolo.
Cassata Siciliana
La cassata è la tipica torta della tradizione siciliana a base di ricotta di pecora, pan di Spagna, pasta reale, frutta candita e glassa di zucchero. Venne creata in età araba e inizialmente prese il nome di qas’at che in arabo vuol dire “bacinella”, perché è in tale recipiente che il pastore, che secondo la tradizione avrebbe inventato questo dolce, avrebbe mescolato per la prima volta la ricotta di pecora con lo zucchero o il miele. In seguito i cuochi della corte palermitana dell’emiro avvolsero l’impasto in una sfoglia di pasta frolla, da cuocere poi in forno: nacque così la cassata al forno. Nel Settecento la pasta frolla venne sostituita dal pan di spagna, giunto da Genova, alla ricotta vennero aggiunte scaglie di cioccolato e il tutto venne ricoperto con la glassa di zucchero e con decorazioni create con la frutta candita e con la pasta martorana (una pasta a base di mandorle inventata dalle suore del Convento della Martorana, rielaborando una ricetta araba): si affermò così la «coloratissima cassata che oggi conosciamo, “codificata” nel 1873 dal pasticciere palermitano Salvatore Gulì». (“Cassata siciliana, la vera storia”, in www.lacucinaitaliana.it). Oggi la cassata è così diffusa e amata che la si può mangiare ogni giorno, ma in origine era il tipico dolce pasquale, anzi «nel 1575, il sinodo della diocesi di Mazara del Vallo aveva proclamato la cassata come pietanza ufficiale della festa, vietando ai vari ordini monacali di prepararla durante il periodo che precedeva la festa religiosa, per non incorrere in tentazione» (“Cassata siciliana, la vera storia”, in www.lacucinaitaliana.it)
Cannolo Siciliano
Il cannolo è composto da una cialda di pasta fritta a forma di tubo riempito con ricotta di pecora. Alcune varianti possono presentare la farcitura con la crema al cioccolato o con la crema chantilly oppure con la crema al pistacchio.
Delle origini arabe di questa prelibatezza abbiamo già parlato. Con la fine della dominazione araba, alcune donne degli harem si convertirono al cattolicesimo e si ritirarono nei conventi dove portarono la ricetta del dolce che, a quanto sembra, agli inizi era tipico della festa del Carnevale e in effetti, secondo una tradizione riportata da Yousef Sharafi (nell’articolo “Cannolo siciliano: tra miti e leggende ecco la vera storia di un mito della pasticceria” in www.lacannoleriasiciliana.it), il cannolo sarebbe il frutto di uno scherzo fatto alle novizie, o ai parenti in visita il giorno di Carnevale, dalle suore del Convento di Santa Maria di Monte Oliveto a Palermo «che avrebbero riempito una vasca di crema di ricotta ed avrebbero sostituito i classici rubinetti con la scorza dei cannoli».
Questo dolce tradizionale ormai si trova nelle pasticcerie siciliane tutti i giorni dell’anno, anche nei formati più diversi, dal cannolicchio palermitano, della grandezza di un dito, all’enorme cannolo di Piana degli Albanesi, e la sua fama si è estesa non solo al di fuori della Sicilia, ma ha addirittura varcato i limiti della Terra, andando nello spazio: «con il Sicilian Space Program, i giovani Paolo Capasso, Antonella Barbera e Fabio Leone hanno lanciato, nel 2014, da Enna, un pallone sonda contenente una riproduzione in FIMO del tipico dolce. Arrivato fino a quasi 30.000 metri dal suolo, il “cannolo stellare” è poi rientrato, atterrando a non troppa distanza dal punto di lancio» (C.M.RAO, “La storia del cannolo siciliano: dalle origini saracene al volo nello spazio”, in www.catania.liveuniversity.it).
Davvero possiamo dire che la bontà della pasticceria siciliana non ha confini!
Alessio Forestieri