La Bolla dei Tulipani
La storia del Capitalismo è stata segnata da alcuni momenti di crisi finanziaria: momenti in cui la domanda di denaro sotto forma di capitali, da parte delle aziende, è superiore all’offerta da parte delle banche e degli investitori. Ciò determina un’assenza di credito, che causa una serie di fallimenti di massa, disoccupazione e in generale una recessione economica. All’interno di questa ciclica ricorrenza dell’economia, che si alterna ai più felici periodi di crescita economica, esistono anche le cosiddette “bolle”, termine che riflette momenti di ossessione per un prodotto commerciale in particolare per il quale aumenta a dismisura il prezzo di mercato rispetto al prezzo reale.
La Bolla dei Tulipani fu un primo esempio di “bolla” finanziaria, smania di investimento, della storia economica europea che ebbe luogo nell’anno 1637 in Olanda e fu scatenata dalla crescita della domanda dei bulbi di tulipani, a causa della lenta riproduzione di questi fiori che creava intorno ad essi un notevole interesse. In poco tempo il tulipano divenne una merce di lusso, appunto perché la domanda aveva superato l’offerta; la vendita avveniva in aste che si trovavano presso luoghi pubblici o privati ma anche in collegi di coltivatori e commercianti riuniti nelle locande.
L’interesse generato dal commercio di tulipani fu tale che gli acquirenti prenotavano in anticipo, presso i contadini e i coltivatori, i bulbi ancora “in terra” stipulando contratti in cui si pagava subito un anticipo della somma stabilita nel contratto e il saldo alla consegna. Nonostante il contratto, non si avevano garanzie né sulla conferma che il compratore disponesse davvero del denaro per il saldo, né che il venditore avesse davvero i tulipani. I prezzi continuarono ad aumentare dando vita ad una vera e propria ossessione, tanto che i commercianti giunsero addirittura a vendere immobili pur di appropriarsi di un bulbo di tulipano.
Un fiore di tulipano, secondo quanto riportato da un cronista dell’epoca, del valore di 3000 fiorini avrebbe potuto essere scambiato nel gennaio 1637, esattamente nel cuore della bolla, con un enorme quantità di merci come “8 maiali grassi, 4 buoi grassi, 12 pecore grasse, 24 tonnellate di grano, 48 tonnellate di segale, 2 botti di vino e molto altro”
La bolla dei tulipani giunse al culmine il 5 febbraio 1637, nella famosa asta di Alkmaar, in cui centinaia di lotti di bulbi furono venduti per circa 90.000 fiorini, l’equivalente di 5 milioni di euro. Fu sufficiente che un’asta di bulbi andasse deserta, come accadde ad Harleem nei giorni successivi, per far sì che i prezzi di mercato precipitassero radicalmente.
Nonostante i grandi sforzi compiuti dagli operatori, la domanda di tulipani e delle loro varietà più rare divenne insufficiente a sostenere la grande richiesta di vendite, determinandone il crollo del mercato. Chi aveva stipulato un contratto con qualche contadino si ritrovò a pagare i tulipano per un prezzo più elevato di quello di mercato. La lobby dei fioristi ne fu gravemente colpita.
In questo periodo la giustizia delle Provincie Unite olandesi decretò la trasformazione dei contratti a termine che prendevano il nome di Future: ai commercianti fu concesso di non onorare l’impegno preso con i contadini pagando loro solo una penalità pari al 3,5% del prezzo pattuito a fronte del pagamento del bulbo di tulipano ad un prezzo altamente superiore rispetto a quello che era il corrispondente valore di mercato.
Federica Marchese