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Kick boxing: palestra di vita per i giovani

SPORT

La Kick boxing nasce a Los Angeles il 14 settembre del 1974, in occasione del primo mondiale professionistico, con il nome di Full contact karate.

Fin dalle origini, vanta atleti del calibro di Joe Lewis, Bill Wallace, Howard Jackson. Nel 1976 nasce la WAKO (World Association of all style karate Organizations) e nel 1978 arriva in Europa con il mondiale organizzato a Berlino. Nel 1980, a causa di contrasti con le altre federazioni del karate, la WAKO decide di abbandonare l’uso del termine karate, introducendo quello di Kick Boxing (“tirare di calci e pugni”). Adesso la parola WAKO è l’acronimo di World Association of Kickboxing Organization.

Vorrei ora descrivere brevemente le tipologie in cui questo sport si articola.

C’è il Point-fighting, un tipo di kick boxing a “contatto leggero”, in cui i due avversari si affrontano sul tatami e, quando portano a segno i colpi,   vengono stoppati dall’arbitro che assegna il punto, per tornare poi a combattere subito dopo; generalmente si fanno combattimenti da due minuti; al termine chi totalizza più punti vince l’incontro.

C’è poi il Light contact, anch’esso a contatto leggero, in cui ci si affronta in un round da due minuti, che però, a differenza del point fighting, è un combattimento continuato: al termine, chi totalizza più punti è il vincitore. Un’altra tipologia è il Full contact,  in cui i due avversari si affrontano su un ring, con la possibilità del KO, e per questo il contatto è “pieno”.

In questo tipo di discipline, è possibile colpire solamente sopra la cintura, mentre esistono altre tipologie di kick boxing, nelle quali è possibile colpire anche sotto la cintura (nel K1 in particolare è consentito anche l’uso delle ginocchiate).

I tempi di gara  dipendono dall’età dei ragazzi e dall’importanza dell’incontro che si disputa (campionati Regionali, Italiani, Europei e Mondiali).

Contrariamente a ciò che generalmente si pensa, le arti marziali non sono uno sport violento, bensì servono a moltissimi ragazzi per acquistare sicurezza in se stessi e possono rappresentare una strategia per incanalare e controllare l’ansia e l’aggressività e per superare le tensioni grandi e piccole a cui la vita ci espone.

Dirò di più: tutti siamo a conoscenza del fenomeno del bullismo, purtroppo ricorrente al giorno d’oggi,  che vede molti adolescenti derisi per il loro aspetto fisico, per il colore della pelle o altro: praticare un’arte marziale, ad esempio, appunto, la kick boxing, può rappresentare la chiave per dire finalmente no ai soprusi, grazie alla maggiore autostima acquisita e ai valori appresi; anzi, l’insegnamento può valere anche per il bullo di turno, che, praticando la disciplina, può realmente capire il significato della parola “rispetto”. Vale la pena sottolineare che la kick, così come le altre arti marziali, non è riservata, come si potrebbe pensare, solo ai maschi:  infatti, sono tante le ragazze che decidono di dedicarsi a questo sport, che si può iniziare fin da bambini.

Da poco più di un anno ho deciso di dedicarmi a questo sport e  posso dire che mi ha cambiato molto e in meglio.

Recentemente, in Italia,  è successo un terribile fatto di cronaca: dei giovani praticanti delle MMA (Arti Marziali Miste) hanno picchiato a morte un ragazzo che cercava di difendere un amico. Questo non deve scoraggiare chi vuole iniziare uno sport da combattimento, perché, come dice la parola stessa, è di sport che stiamo parlando, sta a noi capire cosa sia giusto e cosa sbagliato. Ogni ambito della vita ha le sue “mele marce”.  Spero che il mio articolo possa essere utile per sfatare i pregiudizi relativi alle arti marziali, che  io consiglio vivamente a tutti, perché i valori che si imparano, quali disciplina, autocontrollo e rispetto dell’altro, anche se si tratta di un avversario, sono alla base di un giusto equilibrio personale e della convivenza civile.

Davide Pipi

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