Cibo e sostenibilità: il futuro è nelle nostre scelte
Un argomento importante cui oggi non viene dedicata la giusta attenzione è la denutrizione. Chi vive nei paesi ricchi spesso tende purtroppo ad essere indifferente nei confronti di questa piaga, dimenticando che, pur appartenendo alla parte del mondo più fortunata, non possiamo sapere cosa ci riserva il futuro, anche perché le condizioni di vita dei vari popoli tendono ad essere sempre più interconnesse.
Secondo uno studio della FAO, l’organizzazione delle Nazioni Unite che si occupa di cibo e agricoltura, nel 2014 più di 800 milioni di persone erano denutrite e la maggior parte di loro facevano parte dei paesi in via di sviluppo: il 20,7 apparteneva alla Africa subsahariana, ma la percentuale è salita nel 2017.
Naturalmente le principali vittime sono i bambini; nel 2018 quasi 150 milioni di bambini sotto i cinque anni erano denutriti e 3 milioni di essi muoiono ogni anno.
L’Agenda 2030 prevede impegni specifici per risolvere il problema. Del resto, si stima che nel 2050 la popolazione mondiale arriverà a circa 10 miliardi di persone e dunque l’inquinamento, lo spreco di cibo e di risorse non saranno più accettabili.
Cosa fare, dunque? Le proposte virtuose non mancano e riguardano vari aspetti del problema.
Anzitutto occorrerà migliorare i sistemi di produzione agricola: oggi l’agricoltura mantiene più di 50 milioni di piccole aziende in tutto il mondo, che forniscono l’80% del cibo consumato in gran parte dei paesi in via di sviluppo. Proprio per questo motivo è importante investire per sostenere le imprese familiari con assistenza tecnica e politiche di formazione, coinvolgendo di più i giovani nella continuazione di queste attività. Inoltre, tutte le aziende agricole familiari possono svolgere un ruolo importante anche nella difesa della biodiversità, dell’ambiente e della salute: è quanto afferma Slow Food, un’associazione internazionale no profit impegnata a dare il giusto valore al cibo, nel rispetto dei produttori e dell’ambiente. Cibo e ambiente, infatti, sono in stretta connessione: la produzione attuale produce il 25% di tutte le emissioni di gas serra e gli sprechi riguardano anche il consumo di suolo, di acqua, di tutte le risorse utilizzate per la produzione, l’imballaggio, lo stoccaggio e il trasporto; dunque bisogna adottare sistemi più salutari ed ecosostenibili in tutte le fasi di lavorazione degli alimenti.
Tutto questo necessita anche di investimenti finanziari. Da questo punto di vista Banca Etica è un ottimo esempio da seguire. Questo Istituto di credito nasce come un movimento di volontari organizzati per il terzo settore; il 30 maggio 1998 l’assemblea dei soci approva il passaggio da cooperativa a Banca popolare e l’anno successivo inizia l’operatività della prima filiale a Padova e successivamente in altre città d’Italia e d’Europa. L’obiettivo è quello di sostenere lo sviluppo umano e ambientale e l’economia sostenibile. Viene pubblicato il manifesto di Banca Etica ed esce il primo numero di Valori, rivista di finanza etica e sostenibilità. Particolarmente significativa è, nel 2012, la campagna informativa Non con i miei soldi, per sensibilizzare ed educare i cittadini sull’importanza di un consapevole protagonismo in ambito finanziario; poco dopo Banca Etica diventa la prima banca a dar vita ad un’operazione di equity crowdfunding, ovvero un investimento collettivo realizzato su piattaforme on line, cui si può partecipare anche con piccole quote.
Nel nostro quotidiano, con le nostre scelte, ognuno di noi può fare qualcosa; basta volerlo.
Natalia Rita Di Maggio